Rinate oltre il femminicidio
Un progetto di Stefania Prandi per raccontare attraverso una narrazione fotografica la storia di quattro donne sopravvissute al femminicidio: Azadè, Beatrice, Laura e Marina. La loro storia è raccontata tramite i volti delle donne, gli oggetti, ma soprattutto le loro testimonianze 
Benedetta Andrenelli | 12 novembre 2024

La mostra presentata nell’atrio della scuola Vittoria Colonna di Roma da lunedì 21 a mercoledì 23 ottobre  è un progetto dell’associazione Rea, Reagire alla violenza, in cooperazione con la fondazione Vodafone e la Fondazione Media Literacy.

L'incontro con Laura Roveri

Laura Roveri è un volto della mostra “Rinate oltre il femminicidio”, la sua storia è raccapricciante, come gli altri racconti, ma ha avuto il coraggio e la forza di rinascere, di andare avanti, ma soprattutto di aiutare donne che come lei hanno subito e subiscono atti di violenza psicologica o fisica. Ha deciso di non voltare le spalle e di aiutare, anche andando a sensibilizzare i giovani, Laura è stata protagonista di un incontro a scuola il 22 ottobre e ha parlato agli studenti dell’amore. Ma che cos’è l’amore? Come è visto? Fino a che punto la gelosia è accettabile? Che cos’è il consenso e il possesso? 

L’amore è il sentimento di viva affezione per qualcuno e di questo cercarne il suo bene, eppure non sempre è così. L’amore ormai è visto come una prigione, pensateci, perché sigilliamo l’amore con una persona in un lucchetto e poi buttiamo la chiave? Perché vogliamo portare nel cuore per sempre questa persona o perché vogliamo che questa persona appartenga soltanto a noi?  Questa è una delle tante riflessioni che Laura ha esposto durante l’incontro. Secondo la sua prospettiva l’amore non dovrebbe essere visto come un lucchetto, una prigione, ma dovrebbe rappresentare la pura libertà; tuttavia, condizionati dall’educazione che ci hanno impartito, spesso non ci rendiamo conto di ciò.

Questo senso di appartenenza fa scaturire il sentimento di gelosia, cioè la condizione emotiva di ansia e insicurezza che la persona amata possa esserti sotratta, si può intuire  dalla definizione di gelosia la concezione sbagliata che l’essere umano ha dell’amore. Difatti la persona amata non è un oggetto, non è un gioco che ti può essere rubato. La gelosia è un sentimento umano, ma può diventare mostruoso, può trasformarsi in ossessione, mania o possesso verso la persona “amata”. 

Il possesso è il potere di fatto sulla COSA, è uno stato di dominio su un oggetto e nient’altro e anche l’essere umano può essere possessivo, cioè attuare un comportamento che esprime un desiderio esagerato di controllo o di proprietà su un’altra persona…è giusto considerare questo amore? Per molte persone sì ma allora cosa c’è di sbagliato se tanti la pensano così? La possessività può innescare meccanismi di manipolazione affettiva e controllo sull’altra persona, la differenza abissale tra gelosia e possessività è che la prima è un sentimento, invece la seconda è un insieme di atteggiamenti intimidatori, che presuppongono il diritto di imporsi sull’altro annullandone, così, l’individualità. 

Un altro argomento di riflessione che Laura Roveri ha sottoposto alla nostra attenzione è quello che riguarda il consenso, in quanto espressione di libera volontà manifestata dalle parti coinvolte. Il consenso sessuale è la comunicazione verbale con la quale si afferma la propria volontà di praticare un rapporto sessuale, nella piena consapevolezza di entrambi e può essere revocato in qualunque momento, quindi il consenso, anche con la stessa persona, deve essere espresso ogni singola volta. Sfortunatamente il consenso non sempre viene rispettato e questo può portare a conseguenze psicologiche gravi, come paura, vergogna, senso di colpa, rabbia, umiliazione, ansia, depressione, isolamento, sfiducia, bassa autostima e disturbo post traumatico da stress.

Sono tutte delle sottili soglie che non possono essere sorpassate e non conta chi sei, quanti anni hai, da quale estrazione sociale vieni o che lavoro pratichi, perché chiunque può essere soggetto a sorpassare il limite e commettere atti di violenza. Infatti, come riportato da Laura, lei e il suo ex compagno derivano da due famiglie facoltose ed entrambi avevano un lavoro stabile, eppure lei si può definire una vittima sopravvissuta a così tanta brutalità dell’essere umano: il tentato femminicidio.

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