Uno spot che è un sogno
Greta Pieropan | 27 aprile 2013
Per fortuna anche i pubblicitari hanno studiato storia, perché non solo può essere maestra di vita, ma anche fonte inesauribile di personaggi riutilizzabili per uno spot. Oltre alle varie parodie di personaggi storici, si possono confezionare anche spot che riflettano sulla contemporaneità. È quello che intelligentemente fa lo spot di Telecom dedicato al discorso di Martin Luther King, il cui incipit “I have a dream” è rimasto nella memoria di tutti, anche di chi non era presente all’epoca. Un video in bianco e nero ci mostra un tipico locale americano dei primi anni ’60 in cui una cameriera usa lo smartphone, un’aula in cui un professore tiene una lezione con una lavagna collegata a un computer, un pugile e delle ballerine che si allenano e twittano; poi una redazione di giornale collegata a un canale televisivo all-news e persone per strada che con il cellulare scattano foto a Martin Luther King e le inviano via mail. Alla fine, in diverse lingue appare la scritta “We have a dream” mentre la folla in sottofondo ripete la frase. Immaginate come sarebbe diverso il mondo se avessero potuto ritwittare, condividere o rendere “trend topic” questo discorso! La comunicazione è cambiata molto in pochi anni (e cambia costantemente) e in pochi secondi questo spot ci fa capire quanto sia differente usare certi mezzi, e lo fa ricorrendo a immagini che mostrano situazioni perfettamente tipiche dell’epoca del discorso, inserendo oggetti a dir poco anacronistici, colpendo così il nostro occhio. Certo, c’è chi dice che un discorso così non andrebbe strumentalizzato a fini commerciali, c’è chi fa notare che nelle lingue straniere usate alla fine dello spot per scrivere “I have a dream” ci sono degli errori, chi dice che lo spot non rispecchia un servizio reale; ma per questo ci sono altri spazi di discussione. Noi di Antispot non possiamo ignorare una pubblicità girata in modo così elegante e intelligente. Anche noi abbiamo un sogno: spot pubblicitari tutti di questo calibro.
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