Giovanni Mori è un ingegnere energetico di 26 anni: conosce il mondo delle tecnologia e quello industriale ma allo stesso tempo è il referente del movimento Fridays For Future di Brescia. Con lui abbiamo cercato di analizzare come il mondo della tecnologia possa incontrarsi con il tema della sostenibilità e lui non ha usato mezzi termini.
Colpa della tecnologia o dell’uso che l’uomo ne fa?
Ti faccio il classico esempio della pistola: la pistola non è né buona né cattiva, è l’uso che l’uomo ne fa che va a determinarlo. L’uomo è arrivato al livello di benessere di oggi grazie ai combustibili fossili e oggi non riusciamo più a rinunciarvi. La tecnologia in sé è neutra, non è la colpevole.
Come possiamo accelerare il processo verso la sostenibilità?
Il tempo stringe, è necessaria la presa di consapevolezza da parte di tutti. Senza arrivare al panico nelle strade, è chiaro che se il grado di consapevolezza fosse maggiore, chiederemmo molte più azioni, che poi sta alla politica attuare. Non dimentichiamoci che la politica segue molto il consenso degli elettori. E le azioni individuali non bastano più.
La politica si sta rendendo parzialmente conto di questo problema?
Pensa a quanto è cambiato il dibattito negli ultimi 7-8 mesi, finalmente si è cominciato a vedere questa crisi come una crisi, nel dibattito pubblico almeno è entrata questa cosa. Abbiamo ottenuto risultati più che concreti come lo stop ai finanziamenti del fossile. C’è ancora tanto lavoro da fare.
La gente è disposta a spendere i propri soldi per spostarsi su tecnologia sostenibile?
Cito Alexander Langer, uno dei più famosi ambientalisti dei Verdi negli anni ’80-’90, che diceva: «La gente non vorrà transizione finché la transizione non diventerà desiderabile». Se non rendi desiderabile una cosa la gente non ne vedrà i benefici, al contrario le persone sarebbero disposte a spendere di più e non ci sarebbe bisogno di protestare.