Da sempre il mare rappresenta una grande risorsa dal valore inestimabile, basti pensare che la moderna ricerca scientifica e l’alta tecnologia sono incessantemente impegnate nella ricerca di nuove metodologie per l’utilizzo corretto e consapevole delle infinite risorse che il mare ci offre. Al contempo, biologi marini e scienziati di alto livello, stanno sviluppando strategie per monitorare e preservare l’ambiente marino dagli effetti dell’impatto antropico (da ànthropos, uomo).
Sì, parliamo proprio dell’ànthropos, ovvero l’uomo in sé che sta contribuendo in maniera negativa all’inquinamento, distruzione, e sfruttamento dei mari. Ogni mese l'uomo produce 25 milioni di tonnellate di rifiuti (prevalentemente rifiuti plastici) e circa 5 bilioni di buste ogni anno.
Molti si stanno chiedendo che rilevanza possa avere la plastica sul mare, quale sia il vero impatto antropico, cosa c’entrano realmente questi dati con i nostri immensi e bellissimi oceani. La risposta sta nelle microplastiche, ovvero la plastica invisibile che da anni sta provocando danni ingenti al nostro ecosistema marino. Ma... cosa si intende per microplastiche?
Definizione
Le microplastiche sono quelle piccolissime particelle di plastica che inquinano non solo i nostri mari e oceani, ma anche la fauna ittica e la componente vegetale marina. Sono definite microplastiche perché sono molto piccole e hanno un diametro compreso in un intervallo di grandezza che va dai 330 micrometri e i 5 millimetri.
I pericoli
La loro enorme pericolosità per la salute dell’uomo e dell’ambiente è dimostrata da innumerevoli e autorevoli studi scientifici. I danni più gravi si registrano soprattutto negli habitat marini ed acquatici. Ciò avviene perché la plastica impiega molto tempo per disciogliersi, e finchè è presente in acqua può essere accumulata nei tessuti di molti organismi viventi.
Origine
Molti si chiederanno: Come si generano le microplastiche? La plastica quando finisce in acqua si discioglie in frammenti più piccoli per molti motivi dall’effetto naturale dei raggi ultravioletti, dalle onde, dai microbi e dalle alte temperature. Una volta in mare queste sostanze vengono ingerite dalla fauna ittica (plancton, invertebrati, pesci, gabbiani, squali e balene). Il 15-20 per cento delle specie marine che finiscono sulle nostre tavole contengono microplastiche secondo l’Ispra. Come già ribadito le microplastiche possono accumularsi nell’organismo provocando gravi patologie, addirittura interferendo col sistema endocrino umano.
Composizione chimica
La principale composizione chimica delle microplastiche è costituita da Pocb (poli-cloro-bifenili) e ddt (di-cloro-di-fenil-tri-cloro-etano) chiamati così per la loro estrema tossicità e resistenza. Quali sono gli strumenti per le analisi delle microplastiche? Sonda multiparametrica con fluorimetro, flussimetro, stereomicroscopio, ecc...
Prevenzione
Per contrastare il fenomeno delle microplastiche è bene ridurre l’utilizzo di tessuti sintetici, cosmetici con particelle di plastica, e dentrifici con composizione di microsfere di plastica.