Sfruttare l’anidride carbonica dei terreni agricoli per la fertilità degli appezzamenti stessi: si tratta di carbon farming, la pratica sostenibile sostenuta in un progetto avviato da alcuni istituti superiori italiani.
Capofila l’Università di Brescia, grazie al coordinamento del responsabile scientifico, il Professor Davide Bazzana che ha avviato il progetto di ricerca DS- Change.
Un progetto, della durata di due anni, finanziato dalla Fondazione Cariplo, all’interno del bando "Data Science for Climate and Agriculture".
Non solo l’Università di Brescia fra gli enti di ricerca, ma anche la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM). Tutti gli enti con l’obiettivo di valutare i benefici delle pratiche di carbon farming nel contrasto al cambiamento climatico.
Oltre a ridurre le emissioni di gas serra, il carbon farming può infatti portare ulteriori benefici in termini di sostenibilità agricola, come l’aumento della biodiversità, la riduzione dell'inquinamento delle acque, il miglioramento dell'efficienza nell'uso delle risorse naturali e, di conseguenza, un maggiore profitto per gli agricoltori. Un sistema già largamente diffuso negli Stati Uniti, in Canada e in Australia che il progetto ha l’obiettivo di estendere anche nel nostro paese.
Il team di ricerca dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è responsabile delle attività che mirano a sviluppare un dataset ad alta risoluzione che utilizza varie sorgenti di dati a livello di azienda agricola. Il dataset può servire per identificare i fattori chiave che portano all’adozione di tecniche di carbon farming al fine di renderli vantaggiosi da un punto di vista economico.
Questi dati costituiranno la base per realizzare ed informare un modello ad agenti sviluppato dal team di ricerca del Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Brescia. Il modello farà previsioni a medio termine sull’adozione di pratiche di carbon farming (il primo caso studio sarà proprio l’agricoltura lombarda) integrando approcci modellistici biofisici, socioeconomici ed ecosistemici per simulare sia i comparti naturali che quelli sociali. Il modello produrrà quindi proiezioni a metà secolo di scenari climatici e politici alternativi per valutare l’impatto del carbon farming.
Infine, il team della Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) si occuperà della divulgazione efficace dei risultati del progetto alle comunità accademiche e politiche, nonché agli stakeholder industriali e alla società civile.
Un progetto che vede protagoniste le Università italiane in termini di utilizzo delle proprie tecnologie per l’ambiente. L’obiettivo è sfruttare gli studi e la ricerca in termini di sostenibilità ambientale in settori produttivi chiave del nostro paese.