Nel 2040 il ghiacciaio della Marmolada, la principale calotta delle Dolomiti, scomparirà. È questa la previsione drammatica di Carovana dei ghiacciai 2024, una ricerca condotta da Legambiente, Cipra (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi) con l’appoggio scientifico del Comitato Glaciologico. Un destino, quello della morte pressoché delle grandi masse bianche, che la Marmolada condivide con altre due calotte vicine: quella dei Forni e l’Adamello.
Come riportato da OPen, ogni giorno il ghiacciaio trentino perde circa 7 centimetri di spessore. Dal 2019 a oggi si sono fusi circa 70 ettari di superficie. Una diagnosi di «coma irreversibile» che prende piede dalle ultime rilevazioni. Nel 1888, quando iniziano le misurazioni scientifiche, il ghiacciaio della Marmolada si estendeva per circa 500 ettari (pari a 700 campi da calcio). In 136 anni il fronte della calotta, cioè la parte più bassa della lingua glaciale che spesso funge da sorgente di torrenti e fiumi, è arretrato di 1.200 metri. E ha così innalzato la propria quota di 3.500 metri. In questo lasso di tempo si è registrata una perdita dell’80% dell’area e del 94% del volume superiore della massa, motivo alla base dell’assottigliamento progressivo del ghiaccio. A oggi lo spessore massimo è di soli 34 metri.
«I dati glaciologici sulla Marmolada rendono questo ghiacciaio emblematico per la sofferenza di tutti i quelli alpini». Con queste parole studiosi e membri del Comitato glaciologico italiano hanno dipinto una situazione che si sta facendo sempre più drammatica per tutto l’arco montano. La pressione climatica e antropica, cioè quella prodotta dagli interventi diretti dell’uomo, fa «soffrire ancor di più un corpo glaciale scarsamente alimentato». Una situazione simile affligge anche due zone non troppo lontane come il ghiacciaio dei Forni, in Lombardia, e quello dell’Adamello, tra Trentino e Lombardia che ospita celebri località sciistiche come il Passo del Tonale e Madonna di Campiglio. Anche qui sono state registrate perdite non trascurabili in volume e estensione. Il primo avrebbe picchi di perdita dello spessore intorno ai 10 centimetri al giorno. Sull’Adamello, invece, la continua erosione della calotta permetterebbe di camminare sul ghiaccio provocato dalle nevicate degli anni Ottanta. «È necessario un turismo più sostenibile, meno impianti di risalita e più attenzione alla natura» è il monito di Legambiente.