Sara Salerno da più di 20 anni lavora nell’ambito del fashion product development ed è founder di Hey Foo, un brand attento alla sostenibilità e al rispetto del prodotto e dell’intera filiera di produzione, dai materiali a chi li lavora, fino alla cura del prodotto finale. Sui social svolge un importante compito: sensibilizzare e costruire consapevolezza sul fast fashion e sulla moda sostenibile.
Partiamo proprio dal tuo lavoro, cosa vuol dire essere fashion product developer?
Essere fashion product developer vuol dire tradurre in realtà i disegni degli stilisti. È una figura professionale che si occupa non solo di cercare i materiali, dai tessuti ai bottoni, ma anche di relazionarsi con i fornitori e con tutte le altre figure professionali necessarie alla realizzazione del capo. In generale diciamo che segue il processo di creazione per fare in modo che l'idea dello stilista diventi realtà.
Spesso si pensa ai social come qualcosa di frivolo e meramente di intrattenimento, sicuramente i tuoi video sono di intrattenimento ma nascondono anche aspre critiche all’attuale mondo dell’abbigliamento e soprattutto al fast fashion. Cosa ti ha spinto ad approdare sui social e come nasce il tuo profilo di sensibilizzazione?
Il mio profilo nasce per caso quando ai tempi del covid ho iniziato a frequentare la piattaforma di TikTok. Sentivo molti creator trattare tematiche legate alla moda in maniera molto superficiale e lavorando nell'ambiente non potevo non notare le tante inesattezze. Così ho fatto un video per rispondere ai creator che divulgavano contenuti fermandosi all'apparenza e ignorando il lavoro dietro al prodotto. Ho ricevuto molti feedback a cui ho risposto e da lì è nato il mio profilo. Non guadagno dai miei social e il mio scopo non è affatto ottenere denaro, bensì sensibilizzare e creare consapevolezza su argomenti -come la moda sostenibile e il fast fashion- affrontati il più delle volte superficialmente: si pensa spesso, ad esempio, che dal disegno dello stilista il prodotto prenda forma immediatamente, ma non è così; ci sono decide di persone dietro alla realizzazione di un prodotto e non esiste un modo per realizzarli in pochi minuti o una macchina che li assembli automaticamente da zero. Acquistare un capo vuol dire acquistare il lavoro di molte persone, di conseguenza pagare poco il prodotto vuol dire aver pagato ancora meno i lavoratori.
Cercando su internet il costo medio di una maglietta bianca e di un semplice jeans venduti da brand fast fashion troviamo i capi rispettivamente a 1,99€ e 8,50€. Quanto dovrebbero costare questi capi se fossero prodotti tenendo conto del rispetto dell’ambiente, della qualità e dei lavoratori?
Partiamo con qualche dato: il tessuto della t-shirt costa minimo 5$ al metro e ne servono almeno 1,20 metri, la realizzazione è di circa 40 minuti mentre il salario all'ora dovrebbe essere di almeno 6-7$; se aggiungi poi gli altri costi come il trasporto e il guadagno del negozio una maglietta non dovrebbe costare meno di 18$. Per i jeans il prezzo si alza: il tessuto denim nei paesi in via di sviluppo costa circa 6-7$ al metro e necessita di 1,50 metri di tessuto. Per cucire un jeans a catena, quindi con diverse persone che lavorano a fasi diverse della cucitura, serve 1 ora e mezza; a cui devi aggiungere il lavaggio, il trasporto, il packaging e il guadagno del brand, arrivando quindi a un prezzo che si aggira intorno ai 40$.
La sostenibilità, se comparata al fast fashion, si paga cara. Nel dibattito che vede protagonisti da una parte chi sostiene la moda sostenibile e dall'altra chi sostiene il fast fashion perché afferma che quest'ultima sia troppo costosa, come ti collochi?
Vi invito a ragionare sul concetto di "troppo". L'abbigliamento sostenibile è troppo costoso rispetto a cosa? Se ci si riferisce ad un costo esagerato rispetto ai prezzi del fast fashion bisogna essere consapevoli che quei prezzi così bassi sono dovuti allo sfruttamento dei lavorati dell'ambiente.
Nessuno dice che l'Iphone è troppo costoso ad esempio, eppure comparato ad uno stipendio medio di 1200€ lo è eccome.