Banksy, artista e writer inglese, è senza dubbio il più noto street artist mondiale, ma la sua vera identità è ancora ignota. Le sue opere compaiono improvvisamente nelle strade delle più disparate città del mondo e spesso hanno un significato provocatorio e di denuncia della società. Eppure, sempre più spesso, è facile vederlo esposto anche in mostre organizzate. Dal 21 marzo al 26 luglio 2020 ad esempio le sue opere saranno a Roma, al Chiostro del Bramante. Nella mostra rientrano le più importanti e conosciute opere dell'artista, ma anche numerosi inediti provenienti da collezioni private.
Banksy è divenuto un simbolo universalmente condiviso e accettato quando ha acquistato la fama di grande artista contemporaneo e le sue opere hanno iniziato ad avere un ampio mercato, facendolo in qualche modo uscire dal mondo della street art: i lavori di Banksy sono considerati delle opere d’arte per il semplice fatto che portano il suo nome e non vengono più considerate il frutto di un atto illegale. Un articolo del New York Post dal titolo “Why taggers hate Banksy” ci spiega che la Street art è associata ai capricci e alla gentrification, termine con il quale si intende quel fenomeno di rigenerazione e rinnovamento delle aree urbane che si manifesta sia dal punto di vista sociale che spaziale. I graffiti sono spesso i segni di un disagio sociale, che affonda le sue radici nella povertà e nella criminalità. Ma chi appartiene al mondo dei writers, può ancora riconoscere Banksy come un artista vicino alla propria cultura? Forse no dato che ormai le sue opere vengono universalmente accettate e rese, in mano ai tabloid, un simbolo di protesta verso problematiche attuali. E così i suoi capolavori rischiano di perdere la propria carica di denuncia sociale, soprattutto ogni volta che viene inaugurata una mostra che porta il suo nome o quando durante un’asta dei miliardari offrono cifre altissime per aggiudicarsi le sue opere.
Banksy scrive che nella street art non vi è nessun “elitismo o montatura” dato che i graffiti “vengono esposti nei migliori muri che una città può offrire e nessuno è tagliato fuori dal costo d’ingresso. Le persone che vivono nelle nostre città non capiscono i graffiti perché pensano che niente abbia il diritto di esistere se non porta profitto, il che rende le loro opinioni prive di valore”.
E tuttavia le opere di Banksy sembrano essere state svuotate della loro essenza e private di ogni elemento pungente - come può essere una presa di posizione etica e politica – quando hanno smesso di essere accessibili a tutti e volte a generare profitto. Se l'ironia dei suoi lavori serviva in origine a connotare la società di cui mano a mano è diventato forma di espressione, Banksy ha perso ora ogni legame con quelle specifiche scuole di pensiero di cui prima faceva parte.