La prima cosa che si nota in questi giorni nelle città italiane? L’assenza umana. Il tempo sospeso. Così evidente nel sole abbagliante di questo aprile da ricordare i quadri di Giorgio de Chirico. Il tema della città è infatti un motivo ricorrente nella sua opera pittorica; un tema tra i più emblematici.
Nel 1911, Giorgio de Chirico, in disparte rispetto alle avanguardie e alle varie correnti artistiche emergenti dell’epoca - come il cubismo - dipingeva L’enigma dell’ora, riconducibile alla metafisica come forma d’arte, di cui lui è il principale esponente, che mette in scena grandi spiazzi fluttuanti ed elementi urbani che spesso racchiudono figure classicheggianti o insolite e raramente umane. Il tutto spesso viene raffigurato con punti di fuga e di vista differenti, elemento che cattura in fretta l’occhio dello spettatore, che viene rapito dai molteplici enigmi di queste opere senza tempo.
La particolarità de L’enigma del tempo è invece la presenza di figure umane: una donna in bianco in primo piano e un uomo incastonato nelle buie arcate dell’incombente edificio che occupa gran parte della tela. Un’atmosfera priva di densità non lascia propagare la luce, che taglia violentemente gli spazi, ma accende gli abiti della figura femminile che ci dà le spalle, intenta a scrutare il palazzo o ciò che nasconde, lasciando colui che le fa compagnia in disparte nell’oscurità.
L’elemento centrale e dominante è un grande orologio bianco, su cui il titolo proietta l’elemento incognito che mette in dubbio il movimento delle sue lancette nere. È vero, un quadro è per definizione immobile, ma gli “immobili non spazi” dell’opera suggeriscono che in essa ci sia anche un “non tempo”, congelato e senza senso, in parte come il periodo che stiamo vivendo.
E in fondo l’arte di qualsiasi genere o forma può essere considerata una macchina fotografica in grado di modificare il tempo: un’immagine può fermarlo o far durare un attimo all’infinito e in più aggiunge la possibilità di ritrarre anche l’invisibile. Ad insegnarcelo è de Chirico che fa del tempo, anzi, del “non tempo” un’arte a tutti gli effetti, che camminerà insieme alla nostra storia per sempre.