Dopo 2000 anni riapre finalmente al pubblico Villa dei Misteri a Pompei, uno dei più enigmatici e al tempo stesso affascinanti reperti, che restituiscono a tutti noi, amanti dell’antichità o semplici turisti, un nuovo spaccato sulla “dolce vita” dell’aristocrazia romana. “Back to Pompei” è il commento di Massimo Osanna, ex soprintendente del Parco Archeologico di Pompei e attuale direttore dei Musei Italiani, agli scatti che immortalano una delle più famose domus pompeiane: Villa dei Misteri. Al di sotto di una di queste foto sono stati riportati anche alcuni versi della “Fedra” di Seneca: “Sì, è fugace cosa la bellezza. Si fiderà un saggio di un bene così fragile?”.
I tesori di Villa dei Misteri: il grande affresco del triclinium
Dal 19 luglio sarà possibile ammirare gli affreschi di questa villa d’otium da cui era possibile affacciarsi sulle coste del Golfo di Napoli. La villa, situata al di fuori della cinta muraria, risaliva al II secolo a.C. ma assunse la forma attuale intorno al 80/70 a.C.. Con ogni probabilità doveva essere abitata da ricchi patrizi romani data la presenza di reperti come suppellettili e affreschi tra cui alcuni caratterizzati da motivi egizi (il dio Thoth, Iside e varie Sfingi). Si potrebbe anche pensare a un legame tra i proprietari di questa domus e la famiglia imperiale per il ritrovamento di una statua raffigurante Livia, moglie dell’imperatore Augusto. Dell’esistenza della villa si era già a conoscenza a partire dal 1909 quando incominciarono a essere scoperti al suo interno alcuni manufatti ma oggi, grazie al lavoro di archeologi, restauratori e storici, riprendono vita gli affreschi più importanti, quelli realizzati nel triclinium, il salone principale destinato al pranzo. Nonostante lo scarso grado di conservazione dell’intonaco, possiamo essere abbastanza sicuri che sulle tre pareti della sala sono raffigurati riti misterici d’iniziazione al culto di Dioniso: infatti il tipico color rosso porpora fa da sfondo a figure tipiche dell’estasi dionisiaca come sileni, fauni, menadi, nonché lo stesso dio del vino, Dioniso, insieme alla sua sposa Arianna.
Ancora una volta quindi l’eruzione del 79 d.C. ci ha permesso paradossalmente di poter ricostruire aspetti della cultura romana, in questo caso la presenza a Pompei di fenomeni di sincretismo religioso dovuto ai numerosi scambi commerciali e alla presenza di culture diverse accomunate dalla conquista romana, fenomeni di cui altrimenti saremmo a conoscenza solo grazie a fonti puramente letterarie, ma di cui invece abbiamo anche una testimonianza diretta capace di resistere a quello che sempre secondo le parole di Seneca è: “Il tempo che distrugge la bellezza”.