Troppo facile e troppo comodo prendersela con il povero Luigi Di Biagio per il bilancio complessivamente deludente delle due amichevoli di lusso disputate in terra inglese. Inutile dire che la Nazionale ha giocato male, che fino all'ingresso in campo di Chiesa praticamente non è esistita, che l'Inghilterra ha dominato in lungo e in largo, passando in vantaggio con il furetto Wardy, che Donnarumma è bravo ma non è ancora Buffon e che mancano i vivai e una serie di campioni di valore assoluto come, per l'appunto, il portierone che, con ogni probabilità, il prossimo 4 giugno, a Torino, in amichevole contro l'Olanda, dirà addio alla maglia azzurra.
È superfluo ribadire l'ovvio e cercare un capro espiatorio. La verità è che siamo indietro di almeno un decennio, che da Berlino in poi non abbiamo più formato una leva calcistica all'altezza, che la nostra Nazionale è quella che è e che ci eravamo illusi di poter competere contro una Spagna che contro la stessa Argentina che ci aveva strapazzato per 2 a 0 venerdì sera, ha dato prova della propria classe, imponendosi con un rotondo 6 a 1 (tripletta del madridista Isco).
Di Biagio, come già alla guida dell'Under 21, ha fatto quel che ha potuto con il materiale che aveva a disposizione, lanciando qualche giovane interessante, dando un minimo di gioco a una squadra che ne era sprovvista, riuscendo nell'impresa di pareggiare nel finale, benché solo su rigore, con Insigne ed è evitando l'umiliazione di una doppia sconfitta che sarebbe stata davvero troppo per un movimento già provato dall'eliminazione dai Mondiali di quest'estate.
Non sappiamo chi verrà designato c.t. il prossimo 20 maggio: si parla di Ancelotti, ancor più di Mancini, altre piste sembrano essere tramontate e noi preferiremmo di gran lunga Carletto, per il suo stile e per la sua esperienza internazionale, oggettivamente superiore rispetto a quella del Mancio.
Poi ci sarà da ricostruire tutto, da restituire un'anima, un minimo di fiducia e di convinzione nei propri mezzi ad un gruppo con il morale a terra. Non sarà semplice risalire dal fondo del pozzo, anche perché gli altri non staranno certo lì ad aspettarci: non se lo sognano nemmeno e, ahinoi, possono permettersi la propria spavalderia.
P.S. Venticinque anni fa, a Brescia, esordiva in giallorosso un ragazzo di sedici anni destinato, nei due decenni successivi, a diventare un'icona della Roma, dell'Italia e del calcio mondiale: grazie Francesco Totti per tutto ciò che ci hai regalato!