Attualità
Social e nomofobia: la tecnologia è diventata indispensabile
Strumenti positivi o negativi? Uno studente su tre ritiene che il mondo digitale durante la pandemia non abbia aiutato i rapporti interpersonali, mentre uno su cinque pensa che li abbia addirittura compromessi
Flaminia Tordi | 10 maggio 2021

L’evoluzione tecnologica ha cambiato radicalmente il modo di rapportarsi con le persone. Il web oggi non viene solo utilizzato per informarsi, ma anche per costruire rapporti con il mondo esterno. Basta postare una foto su Instagram, Facebook o Twitter per interagire con il resto del mondo. La tecnologia ci offre un’alternativa alla comunicazione faccia a faccia, consente alle persone di mascherare le proprie imperfezioni o addirittura la propria identità. Queste nuova modalità interattiva ha ridotto la possibilità di rapportarsi in modo più concreto con le persone e ci consente addirittura di ridurre il contatto umano. La connessione con una persona ormai si costruisce attraverso la connessione internet ed è molto più facile che essa si disconnetta, basta un click!

Nomofobia

I medici sono riusciti persino a classificare la fobia di stare senza telefono come una malattia (la nomofobia, letteralmente “no mobile Phobia”). È stata ipotizzata nel 1996 grazie al lavoro di Kimberly Young, anche l’IAD, un’altra forma di dipendenza da internet. Questo studio in particolare dice che le donne di mezza età, che utilizzano internet per scopi lavorativi o relazionali, costituiscono la maggior parte delle persone dipendenti da internet , mentre secondo questa statistica gli uomini , in minoranza, utilizzano il web maggiormente per i siti pornografici e chat erotiche.

Il ruolo della pandemia



La pandemia del Covid-19 ha spinto ulteriormente tutto il mondo a utilizzare di più la tecnologia. Essa è diventata parte integrante della nostra vita da due anni ormai, c’è chi lavora in Smart Working e chi passa intere giornate in didattica a distanza. Purtroppo in questi due anni abbiamo vissuto in aule e uffici virtuali e questo non è un bene per nessuno. Uno studente su tre ritiene che il mondo digitale durante la pandemia non abbia aiutato i rapporti interpersonali, mentre uno su cinque pensa che li abbia addirittura compromessi. Ovviamente la nuova tecnologia non ha fatto solo del male, ha anche aiutato a tenerci in contatto dalle diverse parti del mondo, specialmente in una situazione d’emergenza come quella che abbiamo attraversato. Ed è interessante riconoscere il fondamentale contributo che le nuove frontiere del digitale hanno offerto anche nella gestione della pandemia. Attraverso le nuove tecnologie si è stati in grado di processare e analizzare i dati della pandemia l’insieme dei quali supporta il lavoro dei ricercatori e lo connette. La rete aiuta la comunità scientifica a far convergere i risultati in un unico collettore digitale in grado di far così avanzare la scienza con più rapidità . Anche la campagna vaccinale è sostenuta dalla capacità organizzativa di piattaforme digitali in grado di smistare le persone nei diversi hub vaccinali. Sono solo alcune delle applicazioni che qualche decennio fa era impensabile poter avere a disposizione. Le altre applicazioni, le nuove frontiere dei big data ad esempio sono oggi in grado di sviluppare le previsioni per fronteggiare la sfida dei nostri tempi, quella dei cambiamenti climatici.


Una realtà, quella dello sviluppo tecnologico, in costante evoluzione e nella quale ciascuno di noi può trovare un ambito di interesse e di supporto anche al nostro futuro lavorativo. Le relazioni umane più sane, però,  restano quelle coltivate de visu, quelle che non beneficiano del filtro virtuale che è una lente che può distorcere la realtà in modo pericoloso.

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