Attualità
Covid, l'impatto della pandemia sui migranti e gli stranieri
Conseguenze della pandemia e misure adottate dall'Italia
Lorena Bacile | 25 maggio 2021

La pandemia di COVID-19 ha portato con sé vari problemi aggiuntivi o ha aggravato condizioni di vita già difficili per le popolazioni migranti. Ne dà un quadro esauriente il Dossier Statistico Immigrazione 2020, realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS in partenariato con il Centro Studi Confronti (presentato il 28 ottobre 2020).

Diagnosi in ritardo

I ricercatori  hanno analizzato l’impatto sanitario della pandemia sulle popolazioni migranti attraverso i dati della sorveglianza dell’ISS. Già a marzo-aprile 2020, nei primi mesi di pandemia la curva epidemica di COVID-19 tra gli stranieri, presenta un ritardo di 8-10 giorni rispetto a quella sulla popolazione italiana e i dati connotano un maggiore rischio di ospedalizzazione (e quindi di livello di gravità clinica). La spiegazione più probabile al riguardo è che gli stranieri vadano incontro a un ritardo di diagnosi dovuto a un ricorso posticipato ai servizi sanitari. Sembra anche che la pandemia non abbia colpito nella stessa misura le diverse comunità di stranieri, probabilmente in relazione al tipo di occupazione. D’altra parte, l’impatto sanitario è solo l’ultimo anello di determinanti socio-economici: di seguito alcuni aspetti analizzati nel rapporto IDOS. In Europa secondo Alessio D’Angelo (University of Nottingham) la pandemia “ha messo in luce tutte le criticità e le insufficienze del sistema europeo in materia di migrazioni economiche e diritti”. Provvedimenti come la chiusura dello spazio Schengen, il blocco dei voli e le restrizioni sui movimenti hanno avuto un fortissimo impatto sia su alcune economie che sugli stessi migranti coinvolti. Ma, soprattutto, è emerso che oltre il 30% degli immigrati in età lavorativa sono classificati come key worker (dato che sale sopra il 40% in Paesi come Francia e Danimarca), ovvero impiegati in servizi essenziali (sanità, assistenza, pulizie ecc.) fondamentali nel contesto della pandemia stessa.

Emergenza COVID-19: le misure in materia di immigrazione

In Italia il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 18 ("Cura Italia"), ha introdotto diverse misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, prevede anche alcune disposizioni relative all'accoglienza e alla tutela della salute degli immigrati in considerazione delle esigenze correlate allo stato di emergenza. In primo luogo, proroga al 31 dicembre 2020 i progetti di accoglienza dei migranti degli enti locali in scadenza al 30 giugno. Si tratta dei progetti previsti nell'ambito del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), la cosiddetta seconda accoglienza. Inoltre, gli stranieri possono rimanere – fino alla fine dello stato di emergenza - nei centri di accoglienza che li ospitano (centri di prima e seconda accoglienza e CAS - Centri di accoglienza straordinaria), anche se sono venute meno le condizioni per la loro permanenza, previste dalle disposizioni vigenti, nelle medesime strutture. In particolare, i minori stranieri non accompagnati potranno rimanere nei centri di accoglienza anche dopo il raggiungimento della maggiore età. I richiedenti protezione internazionale e i titolari di protezione umanitaria sottoposti al periodo di quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva possono essere ospitati (su disposizione del prefetto) nelle strutture del SIPROIMI, destinati ordinariamente ai soli rifugiati e minori non accompagnati. Sempre con il fine di assicurare la tempestiva adozione di misure dirette al contenimento della diffusione del COVID-19, il decreto dà facoltà ai prefetti di modificare i contratti in essere per lavori, servizi o forniture supplementari in determinate strutture di accoglienza. Il decreto interviene anche sui titoli di soggiorno estendendo fino al 31 agosto 2020 la validità dei permessi di soggiorno e degli altri titoli di soggiorno in Italia. Inoltre, proroga i termini per la conversione dei permessi di soggiorno da studio a lavoro subordinato e da lavoro stagionale a lavoro subordinato non stagionale. Infine, il decreto legge 18/2020, in deroga alla disciplina del lavoro pubblico, consente alle pubbliche amministrazioni, fino al 31 marzo 2021, di assumere nelle strutture sanitarie i cittadini di paesi extra UE, che siano titolari di un permesso di soggiorno per lavoro. Il D.L. 183/2020 ha esteso fino al 31 dicembre 2021 tale disposizione. Inoltre, prevede la possibilità di procedere all'assunzione di cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea  anche presso strutture sanitarie private autorizzate o accreditate, purché impegnate nell'emergenza da COVID-19.

Il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 ("Rilancio") ha previsto ulteriori interventi in materia, come l'introduzione di una procedura di emersione del lavoro irregolare di cittadini stranieri e italiani impiegati nei settori agricoltura, lavoro domestico e cura della persona. Il medesimo decreto-legge ha disposto inoltre misure straordinarie di accoglienza dei richiedenti asilo attraverso la possibilità di utilizzare i posti disponibili nelle strutture del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI) per l'accoglienza dei richiedenti asilo (ossia dei cittadini stranieri che hanno presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una decisione definitiva). Si tratta di una misura temporanea, che si applica al massimo per sei mesi dopo la cessazione dello stato di emergenza (quindi fino al 31 gennaio 2021). La disposizione deroga espressamente le previsioni di cui all'articolo 1-sexies del D.L. 426/1989, che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 113/2018, riserva l'accoglienza nel SIPROIMI a coloro ai quali è stato riconosciuto lo status di protezione internazionale e non anche, come in precedenza, ai richiedenti lo status (art. 16).

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