Ogni tre secondi nel mondo viene diagnosticato l’alzheimer a una persona, la vera malattia del secolo. Secondo le stime in Italia l’Alzheimer colpisce 500-600 mila persone, pari al 5% delle persone con più di 60 anni. L’età media dei malati di Alzheimer è di 78,8 anni.
Cos'è
Un'affermazione fatta da uno studioso che agli inizi del Novecento aveva già pubblicato numerosi studi sulle patologie del cervello. Il morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza. Si manifesta con la perdita di memoria e di altre abilità che, in modo progressivo, vanno ad interferire con la vita quotidiana della persona.
È definita la "malattia delle quattro A": perdita di memoria (amnesia); incapacità di esprimersi e comprendere (afasia); incapacità di identificare correttamente gli stimoli, riconoscere persone, cose e luoghi (agnosia); incapacità di compiere correttamente alcuni movimenti volontari e azioni semplici quotidiane come vestirsi (aprassia). Non va confusa con la demenza senile. La maggior parte dei casi vengono riscontrati intorno ai 65 anni, ma può esserci anche insorgenza anticipata tra i 40 e 50 anni.
Qual è allora la differenza tra demenza e Alzheimer?
Il termine demenza indica una condizione clinica caratterizzata da deterioramento della cognitività in vari ambiti, tra i quali in particolare la memoria, in grado di interferire nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana. La malattia di Alzheimer è una forma di demenza, quella di più frequente riscontro nella pratica clinica. Oltre alla malattia di Alzheimer esistono altre forme di demenza quali ad esempio la demenza vascolare.
Gli ultimi studi
Un nuovo studio promette di rivoluzionare l’approccio a quella che è stata definita la “malattia del secolo”, la forma più diffusa di demenza senile. La ricerca, coordinata da Marcello D’Amelio, professore associato di Fisiologia Umana e Neurofisiologia presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, getta una luce nuova su questa patologia che, sino a questo momento, si riteneva dovuta ad una degenerazione delle cellule dell’ippocampo, area cerebrale da cui dipendono i meccanismi del ricordo. La nuova ricerca, condotta in collaborazione con la Fondazione IRCCS Santa Lucia e del CNR di Roma, punta invece l’attenzione sull’area tegmentale ventrale, dove viene prodotta la dopamina, neurotrasmettitore collegato anche ai disturbi d’umore. Come in un effetto domino, la morte di neuroni deputati alla produzione di dopamina provoca il mancato arrivo di questa sostanza nell’ippocampo, causandone il ‘tilt’ che genera la perdita dei ricordi. “L’area tegmentale ventrale – spiega D’Amelio – rilascia dopamina anche nell’area che controlla la gratificazione. Per cui, con la degenerazione dei neuroni dopaminergici, aumenta anche il rischio di perdita di iniziativa”. Ciò spiega perché l’Alzheimer è accompagnato da un calo nell’interesse per le attività della vita, fino alla depressione. Tuttavia, i noti cambiamenti dell’umore associati all’Alzheimer, non sarebbero conseguenza della sua comparsa, ma un ‘campanello d’allarme’ dell’inizio della patologia.
Iniziative e terapie
«In molti casi, ed è comprensibile, non si sa come comportarsi con il proprio caro, il progetto è nato proprio con l’intento di aiutare a convivere con chi soffre questa di questa malattia». Giusi Molena, presidente dell’Associazione Alzheimer Piove di Sacco. Il progetto nasce col fine di aiutare le famiglie con cari affetti da Alzheimer o demenze, dallo stato di impotenza a quello di autoefficacia, promuovendo in tutto il territorio una cultura dell’accoglienza per le persone che con-vivono con la demenza e i loro cari. «La malattia di chi amiamo - spiega la presidente - è difficile da vivere. Accogliere l'idea che la persona che amiamo, giorno dopo giorno, vada "allontanandosi" da noi è fonte di tanto dolore e disorientamento. Abbiamo bisogno di strumenti, di accompagnamento e di coraggio che permettano ai familiari di acquisire le capacità di superare gli ostacoli. È rivolto ai casi in stato iniziale o medio, dove ci sono una educatrice e una psicologa insieme ai volontari dell’associazione che sono supervisionati da professionisti. Hanno pure fatto corsi di formazione specifici. Fanno attività con gli utenti sia di tipo cognitivo che manuali o motorie. Tra tutte le attività proposte, troviamo le attività musicali. «Quando abbiamo portato 35 pazienti a esibirsi nel teatro filarmonico di Piove di Sacco, hanno eseguito otto brani e hanno avuto un grande successo. In più si sono divertiti tantissimo. È sorprendente che dopo un anno si ricordano ancora l’ordine nelle canzoni, non solo i testi, dello spartito. Per essere persone che hanno difficoltà con la memoria, si capisce l’importanza di un'attività come questa».
C'è poi il progetto "mani nella terra": «Si tiene in collaborazione con l'istituto agrario don Nicola, gli utenti si ripercorrono invece i tempi dedicati all’orto o ai campi e risvegliano quelle conoscenze prendendosi cura di una pianta».«In un libretto, che si chiama "Dolci Ricordi", abbiamo pubblicato ognuno di loro raccontare quello che facevano da bambini. Ricordano più il passato che il presente, per questo colpisce ad esempio che ricordino tutto della serata al teatro. Il passato che riaffiora, tutto quello che ci hanno raccontato, lo abbiamo messo nero su bianco non solo perché quelle memorie non vadano perse ma anche perché sono straordinari racconti di un tempo che non c'è più per nessuno, non solo per loro».