A un mese dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, il 24 marzo il presidente Volodymyr Zelensky ha lanciato un appello: scendere nelle piazze di tutto il mondo e manifestare contro la guerra. Dalla piccola Italia alla stessa Russia il popolo è sceso in strada con cartelloni, striscioni e grande voce. Dai più piccoli, mano nella mano con i genitori, ai più grandi e maturi, a Firenze ventimila persone si sono ritrovate in piazza Santa Croce per dire ‘no’ alla guerra. Zelensky in collegamento dall’Ucraina afferma: “Dobbiamo stare insieme nella Comunità europea, è importante per l’Ucraina”.
Manifestare, cosa vuol dire?
Secondo l’enciclopedia Treccani con il verbo “manifestare” si intende “far conoscere, rendere noto in modo chiaro, a parole, per iscritto o con determinati comportamenti, ciò che si ha nella mente o nell’anima”. Le manifestazioni sono generalmente utilizzate per mostrare un proprio punto di vista riguardo un problema pubblico. Nell’ultimo periodo sono state molte le tematiche che hanno spinto le persone a sentire il bisogno di uscire a testa alta e comunicare al mondo il proprio parere: il peggioramento climatico, la paura del vaccino e di recente la paradossale guerra del ventunesimo secolo. Ma in questi anni e in questo mondo in cui 5,9 miliardi di persone possiedono uno smartphone, quanto è realmente più efficace andare fisicamente in piazza che non pubblicare una foto, un video o una scritta sui social? “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” dichiara l’articolo 21 della Costituzione italiana. Questo significa anche che ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero standosene comodo sul divano con un semplice click o digitando un hashtag e certamente il messaggio arrivarebbe a un numero maggiore di lettori, ma potrebbero non essere quelli giusti.
Le opinioni dei giovani
Ma in concreto cosa ne pensano i giovani di oggi? Qui sotto sono riportate le idee di alcuni studenti italiani e non, che hanno voglia di farsi sentire.
“Per me protestare in piazza è da un lato utile, perché è l’unico mezzo attraverso il quale noi ragazzi possiamo esprimerci riguardo vari temi; ma dall’altro inutile, perché la protesta non viene mai presa seriamente in considerazione dalle istituzioni e a volte anche dagli stessi ragazzi che protestano.”
(Giorgia A., liceo classico Tacito, Roma)
“Apparentemente la protesta potrebbe sembrare inutile, sembra non possa concretamente riuscire a cambiare la situazione. In realtà manifestare è importante per far valere la propria voce ed è inoltre importante non restare indifferenti davanti ad una situazione che va cambiata. Purché la protesta sia svolta pacificamente.” (Gabriele L., liceo classico Mamiani, Roma)
“Secondo me è giusto che la gente protesti, così da far vedere il proprio interesse verso un certo argomento. Penso che oltre alle manifestazioni, che devono essere pacifiche, si debbano trovare soluzioni ai problemi. Per esempio, per quanto riguarda la situazione in Ucraina, noi non possiamo fare molto, ma manifestando mostriamo il nostro dissenso alla guerra e la vicinanza all’Ucraina.” (Julia T. liceo Gesamtschule GCLS, Ober-Ramstadt, Germania)
“In un mondo sempre più polarizzato, in cui prevale la legge del più forte, solo scendendo in piazza possiamo ergerci a difensori dei più deboli e far sentire la nostra voce.” (Gianmarco C., liceo classico Dante Alighieri, Roma)
“Non sono mai scesa in piazza a protestare e ora mi chiedo il perché. Forse prima non ero pronta e quando ho deciso di farlo una pandemia mondiale è entrata nelle nostre vite sconvolgendole. Ora credo che far sentire la propria voce sia fondamentale per l’essere umano che continua ad accettare passivamente quello che gli viene proposto.” (Ginevra C., liceo musicale Farnesina, Roma)
“Personalmente trovo molto importanti le manifestazioni e le proteste contro chi inquina a favore di un mondo più pulito. Trovo però scorretto che ci siano persone che fanno queste manifestazioni solamente per saltare giorni di scuola o per trovare una scusa per non fare niente. Secondo me chi va, lo fa per un qualcosa che pensa e di cui è pienamente d’accordo.” (Chiara A., convitto nazionale Umberto I, scientifico internazionale, Torino)