La finlandese Elin Mattson e la sua famiglia sono approdati in Sicilia lo scorso agosto. Lei e il marito, grazie al lavoro da remoto, hanno avuto la possibilità di trasferirsi a Siracusa per godere di colori, clima e paesaggi che li hanno affascinati sin dal primo momento. Tuttavia, l'entusiasmo si è spento velocemente e già in ottobre la famiglia finlandese ha deciso di lasciare la Sicilia. Il motivo? Una scuola ritenuta non all'altezza.
La lettera di Mattson
Elin Mattson ha voluto spiegare le ragioni della sua "fuga" con una lettera aperta inviata a Siracusa News. La donna ha affermato che sono stati i suoi stessi figli a lamentare le carenze e la disfunzionalità della scuola siciliana. Racconta che il suo bambino di 6 anni è rimasto scioccato dalla vivacità dei suoi compagni di classe: "Mamma, urlano e picchiano sul tavolo!", le ha confidato. Una vivacità che, secondo Elin, è dovuta dalla poca attività all'aperto e alla natura sedentaria delle lezioni, che vede dei bambini piccoli seduti al banco per ben cinque ore consecutive, se non per un piccolo intervallo, spesso passato tra le mura dell'aula. E anche quando gli alunni vengono portati in giardino, mancano altalene e scivoli con i quali si possano sfogare delle energie in eccesso, per poi tornare tranquilli e rilassati sui banchi. Ma non è solo la scuola primaria il problema: anche i due figli maggiori di Mattson, di 14 e 15 anni, non hanno vissuto positivamente la loro esperienza a scuola. Uno di loro ha fatto notare alla madre che aveva competenze superiori a quelle dell'insegnante di inglese.
Problemi pedagogici
Nella sua lettera, Mattson non si capacita di come la scuola italiana non comprenda l'importanza delle attività all'aria aperta e del gioco come strumento d'insegnamento. L'iperattività dei bambini, dovuta alle poche possibilità di sfogare l'energia tipica di quell'età risultera difficile da gestire anche per i docenti: "I metodi che ho sperimentato (nei miei anni a scuola, ndr) non erano niente del genere (urlare a squarciagola probabilmente non funziona così bene, vero?)", scrive la donna. Insomma, per Mattson dei bambini che si sfogano giocando ottengono risultati migliori, perché una volta tornati in classe sono in grado di concentrarsi di più.
Il dibattito
È innegabile che la scuola primaria, un tempo fiore all'occhiello dell'istruzione italiana, adotta ormai dei metodi probabilmente oltrepassati. Se con il lockdown si era ben consci dell'impossibilità di far sedere di fronte a un computer dei bambini di 6-10 anni per cinque ore - e le lezioni venivano infatti accorciate - perché è invece accettabile farli rimanere inchiodati tra le mura scolastiche? Probabilmente sarebbe necessaria una riflessione più profonda ed esperta di quella di Elin Mattson, ma resta importante per i più piccoli rendere l'esperienza scolastica produttiva e piacevole quanto possibile. Le lezioni frontali non sono una realtà applicabile a dei bambini, soprattutto se occupano la totalità delle ore scolastiche. Attività alternative, laboratori ludici e un numero maggiore di intervalli non sono richieste assurde, soprattutto se comparate alla scuola di altri paesi dell'Europa Occidentale.
La famiglia Mattson ha deciso di non rinunciare alle bellezze del Mediterraneo e si è trasferita in Spagna, dove a loro avviso il sistema scolastico è più all'avanguardia rispetto a quello nostrano. A questo punto è possibile difendersi, sostenendo l'impossibilità di un paragone tra il sistema educativo italiano e quello finlandese, riconosciuto come uno dei migliori del mondo. Sarebbe però sbagliato basare questo paragone solo su aspetti economici: la Regione Siciliana spende in percentuale più PIL in istruzione della Finlandia (6,1% contro 5,6%), sebbene ovviamente si parli di cifre assolute molto diverse. Come abbiamo visto, il problema è innanzitutto pedagogico, e oltre alla richiesta di più fondi destinati a coloro che saranno il futuro è necessario anche rivoluzionare l'idea stessa che abbiamo di scuola, e degli obiettivi che essa ha.