Il 5 dicembre scorso ha avuto luogo presso il Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) in California un esperimento definito da subito come una svolta epocale nella ricerca sulla fusione nucleare. Un contenitore cilindrico con all’interno una piccola capsula sferica costituita da un guscio contenente deuterio e trizio, elementi fondamentali per ottenere una reazione nucleare, è stato bombardato da 192 fasci laser. Questi, impattando sul guscio, lo hanno trasformato in plasma, gas che è stato in grado di comprimere i due elementi raggiungendo temperatura e pressione ideali per innescare la reazione. L’esperimento era già stato ripetuto centinaia di volte, ma ora si è ottenuta più energia di quella che i laser avevano depositato, con un guadagno di circa 1,5 mega joule. Cerchiamo di capire perché questo è veramente un momento storico.
Cos’è e come funziona la fusione nucleare?
La fusione è la reazione nucleare che avviene naturalmente nelle stelle come il Sole e che richiede particolari condizioni, difficili da raggiungere sulla Terra. I due nuclei degli elementi dell’esperimento (deuterio e trizio), a temperatura e pressioni elevate, fondono formando nuclei di elementi più pesanti come l’elio. Ciò è seguito da un rilascio di energia: questa è la parte che ha per decenni interessato gli scienziati catturati dall’idea di generare “energia infinita” tramite questo processo. La reazione nucleare opposta è detta fissione ed è quella attualmente utilizzata negli impianti di produzione nucleare. Questa prevede la disintegrazione di nuclei pesanti in frammenti minori, segue a ciò il rilascio di neutroni che, se messi in condizione, possono innescare una reazione a catena (quella che viene cercata all’interno dei reattori nucleari).
Questione ambientale e sicurezza
La fissione è di per sé già estremamente efficiente: produce grandi quantità di energia, rilascia quantità irrisorie di scorie (anche quelle di terzo livello,ovvero con tempo di decadimento più lungo, sono stoccabili e tendono ad esaurire la loro radioattività in tempi brevi) e non produce gas serra, bensì solo vapore acqueo. Tutto ciò è solo destinato a migliorare in un mondo nel quale la maggior parte dei reattori sono ormai di II e III generazione, con lo sguardo rivolto verso lo sviluppo della IV, che andrà ad utilizzare sistemi di raffreddamento a metalli liquidi e neutroni veloci. Così è atteso un aumento drastico dell’efficienza oltre che della sicurezza, dettata da standard sempre più rigidi. Questo è il contesto al quale andrebbe ad aggiungersi la fusione nucleare che, dal canto suo, può generare fino a quattro volte l’energia di un processo di fissione, anche lei senza produrre gas serra e soprattutto garantendo un carico base in modo continuativo.
Finanziamento e tempistiche della ricerca
Purtroppo, però, bisogna essere realisti circa tutte queste buone notizie: la ricerca sulla fusione nucleare è incredibilmente dispendiosa a livello di risorse umane ed economiche, richiede dunque finanziamenti continui e grandi sforzi diplomatici internazionali. Solo l’esperimento del LLNL ha richiesto 3.5 mld di dollari e il risultato è solo l’inizio di qualcosa di ancora più difficile da raggiungere. Gli scienziati coinvolti rivelano che siamo ancora distanti qualche decennio dalla possibilità di vedere un impianto che sfrutti la fusione nucleare. Nel mentre l’ITER, progetto internazionale per la ricerca sulla fusione nucleare, ha riscontrato numerosi problemi diplomatici negli ultimi mesi. Il progetto ha raccolto finanziamenti per 44 mld di euro, il 50% dei quali dall’Europa. Scoppiata la guerra in Ucraina, era sorta una problematica circa la presenza della Russia, valida per il 9% dei fondi e per circa 50 ingegneri. Tuttavia anche volendo gli stati partecipanti non avrebbero potuto escludere in alcun modo il paese, non essendo una mossa simile prevista dagli accordi. Dunque il progetto è andato avanti, sebbene affannato dalle sanzioni alla Russia che hanno reso il trasporto di materiali e attrezzature da Mosca alla Francia molto più lento e burocratico.