I giovani e il precariato sono sempre stati, almeno in anni recenti, due facce della stessa medaglia. Cosa ne pensano i giovani di questa tematica così tanto caratterizzante la nostra contemporaneità?
"Giovani, innovazione e transizione digitale", il report che legge il presente
Come riportato da La Tecnica della Scuola, secondo il Rapporto dell’Osservatorio su Innovazione e Digitale "Giovani, innovazione e transizione digitale", promosso da ANGI - Associazione Nazionale Giovani Innovatori - ed esposto durante la II edizione del Young Innovators Business Forum, ciò che preoccupa di più le nuove generazioni è la fuga dei cervelli all’estero. Il 90% degli under 35, contro il 70% degli italiani in generale, crede infatti che il fenomeno rappresenti un problema serissimo: andare all’estero per lavorare è sempre meno una scelta e sempre più una necessità. Altro problema serio è rappresentato dalla mancata possibilità di fare un’esperienza minima nel mondo del lavoro. Secondo il 64,7% degli under 35, contro il 49,7% del campione totale, la difficoltà principale è dovuta alla richiesta di un’esperienza minima che i giovani non hanno ancora avuto occasione di costruire. Bisogna poi aggiungere a queste due problematiche altre difficoltà non da poco, come la scarsa propensione delle aziende ad assumere (54,1% e 55,7%), ma anche l’idea per cui un laureato sia troppo qualificato, che rappresenta un fattore rilevante per il 38,9% degli under 35 ma solo per il 19,4% del totale degli intervistati. Tra le cause non mancano nemmeno la saturazione dei settori d’interesse (21,4% e 11,2%) e le offerte poco gratificanti (21,2% e 21,6%). Per gli under 35 le maggiori problematiche rimangono: scarsità di risorse per avviare un’attività o un’impresa (49,7%), turn over occupazionali bloccati (43,5%), poca attitudine all’innovazione e al rischio (32,4%), ma anche poca comunicazione tra domanda e offerta di lavoro (28,6%) e troppa burocrazia (26,2%). Ad emergere è la considerazione del costo del lavoro che rappresenta un problema per quasi il 25% degli italiani ma per solo l’8% degli under 35. Le percentuali tornano ad allinearsi su un tema che ha generato molto dibattito soprattutto in questi ultimi mesi, ovvero il costo troppo alto degli affitti, che impedisce un trasferimento nelle città sede di lavoro (16,8 e 18,6%). C'è poi l'importante questione del gender gap. Le donne restano ancora in gran parte escluse dal lavoro tecnologico e non vedono il proprio ruolo riconosciuto come innovatrici nell’ambito digitale: questo è vero per il 51,7% del campione. Percentuale che si alza nettamente, evidenziando il cambio di sensibilità delle nuove generazioni, tra gli under 35: il 69,2% degli intervistati tra i 18 e i 34 anni, infatti, pensa che le donne siano poco o per nulla riconosciute nel mondo tech, mentre ritiene che lo siano abbastanza il 20,1% (contro il 33,8% del totale).
Il ruolo centrale dell'università e dello Stato
A chi dunque, secondo i giovani, spetta il compito di creare un collegamento tra formazione e mondo del lavoro? Per gli under 35, questo è prima di tutto compito delle università (53,7% degli under 35 contro 41,3% del campione totale) e conseguentemente dello Stato (51,7%), che viene invece al primo posto se si considera il totale degli intervistati (53,9%). Al terzo posto le aziende, per il 40,8% dei giovani e il 39,1% del totale. Possono giocare un ruolo importante però anche le strutture di coordinamento tra domanda e offerta (15,9% e 19,7%), le associazioni di categoria (6,3% e 11,6%) e infine gli enti locali (6,2% e 12,7%).