Il 25 novembre in 500 mila hanno sfilato nelle strade di Roma: uomini, donne, bambini di ogni età, anziani e ragazzi uniti in una sola voce, un solo grido altissimo e feroce che ha raggiunto il cielo e chi non ha più la voce per gridare.
14:30
La metro esplode, un fiume di persone si muove sulle banchine, altre escono ed entrano dalla metro, altre ancora aspettano sulle scale e attraversano i tornelli per poi, finalmente, uscire e riversarsi nelle strade già piene che circondano il Colosseo.
Qualcuno si macchia il volto di rosso con un rossetto, qualcun altro prepara un cartellone, una mamma abbraccia una figlia: "Spero che tu non debba mai avere paura quando sarai più grande. La mamma non te lo può promettere, però ci prova"; nel frattempo un uomo bloccato all'ingresso della metro impreca e si indigna per "questa cavolo di manifestazione che blocca tutti i mezzi. Uno le tratta anche bene, ma sei poi il risultato è questo, che ti fanno perdere il treno, la testa magari la perdi. Che hanno poi da protestare non si sa". "Protestano per quelli come te", a rispondere è un ragazzo.
15:30
Il corteo diventa sempre più grande, al centro della strada le persone camminano strette, si tengono per mano, non si lasciano neanche per un secondo. È pieno di famiglie con i bambini sulle spalle e nei passeggini, è pieno di anziani che camminano poco distanti dal corteo sul marciapiede. Poi ci sono i ragazzi, sono ovunque, tra le gente nel corteo, sui marciapiedi e arrampicati sui muretti.
16:30
Tu perché sei qui?
Alessandro ha 20 anni, è qui perché "c'è un problema culturale che è di tutti, non appartiene alle donne ma a tutti i cittadini, che dovrebbero lottare insieme per cambiare qualcosa nel futuro".
Emma ha 34 anni, è incinta. Ha paura perché non vuole che la sua bambina cresca in un mondo che la discriminerà e le farà pagare il conto per il solo fatto di essere nata donna, un mondo in cui qualcuno decide per te "perché sei femmina e quindi non vali".
Giulia ha 56 anni e gli occhi pieni di rabbia e di dolore. "Insieme siam partite, insieme torneremo, non una, non una di meno".
Marzia è un'insegnante e lotta perché le donne si riprendano la loro libertà. Lotta perché è stanca di vedere le donne che hanno paura. Lotta perché "bisognerebbe ricordare il diritto di esistenza dell’aggressività femminile come legittima difesa dei propri confini, dello spazio sacro, del diritto inviolabile alla stanza tutta per sé".
Lorenzo ha 78 anni, sua moglie non c'è più e se li ricorda bene i tempi in cui era fin troppo normale che una donna venisse presa a schiaffi perché la camicia non era stirata bene. "Mi sono sempre indignato perché trovavo inconcepibile che una creatura così perfetta come la donna, creatrice di vita, venisse sottoposta a un tale trattamento. Non ho mai trovato un terreno fertile che accogliesse questa rabbia. Mia moglie non c'è più, oggi lotto per lei, per le mie figlie, per le figlie di tutti quei genitori che piangono sulle loro fotografie".
Alice ha 19 anni e salta, grida, è la ragazza più arrabbiata che io abbia mai visto.
Un bambino chiede al papa "perché le persone come la mamma e Franci sono arrabbiate? Tutti vogliono bene alla mamma". Il papà lo prende in braccio e inizia a spiegargli qualcosa che non riesco a sentire, ma sono sicura che crescerà un uomo rispettoso.
Ludovica forse è ancora troppo piccola per avere paura, è sicura sulle spalle del suo papà e alza un foglio con un disegno pieno di colori. Nell'immagine si vedono un uomo e una donna che si tengono la mano, poi una scritta: "Uomini e donne sono la stessa cosa. Pace per tutti". Ludovica lo sa bene che maschi e femmine sono diversi, ma è in quella genuinità che solo i bambini hanno che vuole raccontare a tutti che il tuo sesso non definisce il grado di rispetto che ti meriti, perché in fondo siamo tutti uguali.
20:00
La manifestazione è finita, aspetto sulle panchine della stazione il treno per tornare a casa. Accanto a me una mamma con le sue due figlie. Si avvicina un uomo, ci guarda, ride. " Ma che ve ne state tutte da sole senza un uomo? Venite con me a fare una passeggiata che ci divertiamo dai. Vabbè facciamo così, mi date il numero di telefono così mi richiamate quando vi volete divertire un po', tanto prima o poi vi viene voglia no?
Ludovica, mi piacerebbe tanto che le parole del tuo disegno fossero vere: uomini e donne sono la stessa cosa. Mi piacerebbe che tu da grande possa aspettare il treno senza doverti giustificare perché non ti vuoi divertire con un uomo che non conosci e di cui hai paura. Mi piacerebbe che nessuno ti veda come un oggetto per il suo divertimento. Mi piacerebbe vederti serena mentre aspetti sulla banchina del treno con le cuffie nelle orecchie ad ascoltare la musica, e non pronta con il numero di telefono da chiamare nel caso si avvicini qualcuno. Mi piacerebbe vederti sempre sicura e protetta come lo eri ieri nelle braccia del tuo papà. Ludovica, lottiamo perché tu ti senta libera ad uscire di casa, non coraggiosa.