Povertà educativa femminile: attivati, dal progetto FUTURA, 155 percorsi di accompagnamento educativo in meno di un anno. Si è tenuto a Napoli, l’8 febbraio scorso, il Convegno di FUTURA “Spacciatori di Opportunità”, una discussione sulla povertà educativa femminile con importanti interlocutori nazionali e con le istituzioni cittadine a partire dai risultati del primo anno del Progetto Futura. L’occasione per fare il bilancio sulle attività sostenute in questo anno di progetto e confrontarsi sulle problematiche e soluzioni da affrontare.
Tale progetto si impegna nella lotta contro la povertà educativa, specificamente femminile, per incoraggiare giovani donne a entrare nel mondo lavorativo e a inseguire i propri sogni con piani didattici personalizzati, individuali e molto altro. FUTURA intende aiutare le ragazze, le giovani donne e anche le madri ad avere un sostegno di lunga durata e attualmente si trova a Napoli, Roma e Venezia. Questo progetto è promosso da Save the Children, Forum Disuguaglianze e Diversità e YOLK™, ed è in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Il convegno tenutosi a Napoli, presso l’ex Lanificio di Porta Capuana, è stato ospitato da Dedalus Cooperativa Sociale al Salone Officine Gomitoli, che gestisce questo progetto sul territorio campano.
Ad aprire la discussione è stata Elena de Filippo, Presidente della Dedalus Cooperativa Sociale, che ha intervistato Luca Cordero di Montezemolo -Presidente della Telethon e di Italo- e Paolo Bonassi, Executive Director Iniziative Strategiche e Social Impact di Intesa Sanpaolo. Focus dei loro interventi: cercare di ridurre la povertà educativa femminile, perché le donne meritano le stesse opportunità degli uomini e di avere la possibilità di seguire i propri sogni.
Molti gli interventi che si sono concentrati anche su esperienze dirette di supporto a donne in difficoltà: come nel caso di Andrea Morniroli, Co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, che ha parlato delle donne che lui ha incontrato che non avevano la possibilità di studiare.
Fra gli ospiti istituzionali che hanno preso parte al progetto anche il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, Raffaela Milano, Direttrice dei programmi Italia-Europa di “Save the Children”, Raffaella Palladino, Vice-Presidente, Fondazione “Una, nessuna, centomila”.
Successivamente ci sono stati gli interventi di Clementina Cordero di Montezemolo, Fondatrice e Presidente Fondazione YOLK™, che ha parlato per lo più del suo lavoro a Roma che riguarda dare un contributo economico a donne che hanno necessità, come per esempio le donne immigrate. Fra gli interlocutori anche Ambrogio Prezioso, Presidente dell’Associazione EST(ra)moenia, ed Enrica Morlicchio, Professoressa di Sociologia Economica all’Università Federico II di Napoli ed infine Sabina De Luca del Coordinamento Nazionale.
Fra gli interventi da sottolineare anche quello di Silvia Mastrorillo, Referente del progetto per la città di Napoli, la quale ha parlato della sua esperienza come educatrice, dello scopo di questo progetto, e ha raccontato di come le ragazze con cui lei lavora non hanno la possibilità di sognare per ragioni economiche, famigliari o per altri motivi.
La discussione sulla normalizzazione della cultura del femminicidio, degli stereotipi di genere e della necessità di esperienze educative diverse evidenzia la complessità del problema. L'approccio multifattoriale della Dott.ssa Mastrorillo offre spunti interessanti per affrontare le sfide legate alla povertà educativa femminile.
La Dottoressa Mastrorillo ha poi risposto alle domande dei giovani reporter Parì, Lorenzo e Luca del Liceo Galileo Galilei di Napoli.
Lorenzo: Quali sono gli indicatori per valutare la povertà femminile, e quali di questi indicatori vi hanno di più allarmato?
Dott.ssa Mastrorillo: Gli indicatori sono diversi e dipendono dai diversi aspetti della vita di una persona, che vanno dall’ambito economico a quello sanitario, a quello della cultura; quindi, sono davvero tanti e molteplici. Però quello che più mi ha allarmato, quello che mi ha sempre incuriosito, e parlo da educatrice, è l’accesso alle opportunità educativa di qualità. Vale a dire: ci sono tantissime ragazze e tantissimi ragazzi che fanno fatica ad accedere a delle occasioni di formazione e di crescita personale di qualità, quindi servizi educativi, ludoteche, asili nido, la possibilità di fare sport, di andare al cinema, di andare ad un museo, questo secondo me è uno dei dati più allarmanti perché viene considerato secondario magari alla salute, allo studio, e che però invece sono le occasioni di crescita belle che i ragazzi possono avare. Questo è uno degli indicatori su cui si misura la povertà educativa ed è quello che, da educatrice, mi interessa maggiormente.
Lorenzo: Ci sono progetti per le donne che altri Paesi dell’Unione Europea hanno proposto, che voi attuereste anche in Italia?
Dott.ssa Mastrorillo: Credo che ci sia una pratica, a livello europeo, molto interessante che è quella che riguarda la “peer education” intesa come la possibilità di ragazze un po’ più grandi di avere un ruolo di supporto e di crescita verso le ragazze leggermente più piccole, nell'idea che quando due persone hanno vissuto delle esperienze simili, anche in contesti diversi, possano avere la possibilità di capirsi meglio su un linguaggio e su un territorio comune; so che questa è una pratica diffusa, ovviamente non so nominarvi i paesi precisi in cui questo accade, però è una pratica estremamente interessante che secondo me, soprattutto per il contrasto alla povertà educativa femminile, potrebbe essere molto interessante acquisire e applicare. Avviene anche in Italia, non è che in Italia non ci sia, però dovrebbe avere una maggiore adesione.
Lorenzo: è la disparità di genere a determinare la povertà educativa femminile, o viceversa?
Dott.ssa Mastrorillo: I fattori sono assolutamente interscambiabili.
Lorenzo: Si viene a generare un circolo vizioso.
Dott.ssa Mastrorillo: Esatto, si viene a generare un circolo vizioso per cui, se per esempio avete ascoltato la storia della ragazza che ho raccontato, lì c'è proprio la percezione che, avendo vissuto in condizioni di marginalità, anche sul futuro si ha la sensazione di sognare in modo troppo più grande rispetto alle condizioni di partenza. Questo è dovuto anche a un’ interiorizzazione della propria femminilità, del proprio essere donna in un contesto che è già marginale, complicato, che crea un circolo, ovviamente, di plurima esclusione; quindi da un lato sono nata in una condizione di difficoltà, sono una donna, questi fattori reciprocamente si influenzano, ma non in futuro, già nell'infanzia e nell'adolescenza rispetto alla possibilità che ho di immaginarmi nel futuro, quindi sono estremamente concatenati come fattori.
Lorenzo: Come ci si può muovere per eliminare gli stereotipi riguardo le donne che ne comportano una visione errata fino ad arrivare, nei casi più estremi, anche a episodi di femminicidio?
Dott.ssa Mastrorillo: Questo, secondo me, ha molto ha a che fare con la possibilità, fin da piccole, di fare delle esperienze di vita differenti rispetto a quelle abituali. Come sapete il femminicidio è un problema che non riguarda le fasce più povere della società, ma è frutto di un modello culturale nel quale tutti quanti siamo, in qualche modo, implicati. Che cos'è quindi che può cambiare la cultura? Che cos'è che può cambiare la visione e anche la capacità di gestire delle emozioni che noi abbiamo? Perché ovviamente, in quanto episodio di violenza, il femminicidio ha in sé tutta una serie di temi che hanno a che fare molto con la gestione della percezione di sé, delle proprie emozioni, e io credo che l'educazione in questo senso sia, come dire, un'occasione incredibile per, fin da piccole, sperimentare delle esperienze diverse da quelle presenti nel modello predominante, quindi quanto più esperienze diversificate le ragazze, ma anche i ragazzi, fanno, tanto più avranno secondo me la possibilità di ripensarsi e riscriversi in un modo diverso, perché è l'esperienza che cambia il nostro punto di vista.
Parì: Secondo me anche smettere di normalizzare i comportamenti possessivi che riguardano le donne da parte degli uomini e smettere di normalizzarli aiuterebbe tantissimo.
Dott.ssa Mastrorillo: Certo, però come la cambiamo questa normalizzazione? Se iniziamo noi stessi, anzitutto, ad avere consapevolezza, a riconoscerla, ma soprattutto a mettere in campo il cambiamento. E quel potere personale ce l'hai solo se hai fatto delle esperienze che ti hanno permesso di formarti. A me tantissime volte capita di percepire che c'è, per esempio, una violenza in un linguaggio. Però non è sempre facile riuscire a contrastarlo e a rispondere, e quindi dobbiamo essere un po’ più forti nel saper, poi, agire oltre a riconoscerlo.
Lorenzo: Questo si collega un po’ alla prossima domanda che è: secondo voi la causa della povertà educativa è il contesto economico e culturale della famiglia, o ci sono anche altri fattori?
Dott.ssa Mastrorillo: Anche qui la povertà educativa ha delle dimensioni multifattoriali nelle sue cause, è chiaro che trovarsi all'interno di un tessuto sociale fortemente deprivato economicamente rende anche più difficile avere quegli strumenti culturali per contrastare visioni e ideologie politiche che non sono di supporto alla fuoriuscita da quella condizione di marginalità. Quindi, anche in questo caso, sono strettamente collegati alla capacità di ciascuno, ma anche di una collettività, di avere degli strumenti per emanciparsi da quella condizione di partenza. Quindi la povertà educativa è un costrutto, secondo me, molto interessante perché tiene insieme proprio la dimensione della povertà, che magari rimanda all'immaginario più economico, e educativa, che invece rimanda a un immaginario molto più sociale. Quindi è la compresenza di questi due elementi che ti fa capire che magari possono esserci anche, paradossalmente, delle situazioni economiche più vantaggiose, ma non avere gli strumenti per capire al meglio come utilizzare quelle risorse economiche che ci sono. Quindi sono correlati in questo caso.
Lorenzo: Comunque è sempre un discorso di correlazione, non è molto una causa-effetto quanto un concatenarsi di eventi.
Dott.ssa Mastrorillo: Si, proprio rispetto alla tua prima domanda, gli indicatori della povertà educativa, non è ancora conclusa la ricerca per determinare e, soprattutto, per rilevare questi indicatori. Uno di questi è “quanti libri ha una ragazza in casa”, ma come facciamo a sapere quanti ragazzi hanno i libri in casa? E se ci sono, li leggono? E che libri sono? Vedi la domanda sulle ideologie che tu mi hai detto prima. Quindi è molto complesso descrivere il fenomeno della povertà educativa, oggi ci sta creando tanta letteratura proprio per cercare di avere degli elementi per ragionare attorno a questo costrutto, però sono proprio tanti gli indicatori, perché si cerca di tenere insieme più elementi differenti.
L'intervista con la dottoressa Mastrorillo, esperta educatrice che lotta contro la povertà educativa femminile, ha evidenziato l'importanza dell'educazione come chiave per combattere la povertà femminile, sottolineando l'accesso limitato a opportunità educative di qualità come uno dei principali indicatori di preoccupazione. Ciò che si evince dall’intervista è innanzitutto la complessità degli indicatori dediti alla misurazione della Povertà Educativa Femminile. La Dott.ssa Mastrolillo ha sottolineato molteplici volte come le cause spaziano tra l’ambito sociale, economico, sanitario e culturale.
Fra i fattori che possono incidere negativamente rimane quindi l’accesso limitato delle giovani donne a opportunità educative di una certa qualità tra cui ludoteche, servizi educativi e numerose altre esperienze di crescita personale che ogni individuo, senza distinzioni di alcun tipo, dovrebbe vivere. Successivamente a questo primo allarme, c’è da discutere sul modello culturale che sta prendendo una certa diffusione e, il cui cambiamento, richiederebbe un forte impegno collettivo: Il fenomeno dei femminicidi. Serve impegno da parte di tutti, anche dei paesi in cui tale fenomeno è minore, nella promozione di modelli culturali basati anche sulla gestione, per esempio, delle emozioni da parte dell’uomo.
L’educazione rappresenta come sempre un valido alleato nel contrastare e arginare la povertà educativa.