Giuditta Bellerio Sidoli
Giuditta Bellerio Sidoli, nata a Milano nel 1804, si sposò a sedici anni con il patriota Giovanni Sidoli, con il quale ebbe due figli e che seguì in Svizzera quando sfuggì agli arresti ordinati da Francesco IV d’Asburgo duca di Modena e Reggio. Rimasta vedova nel 1828 rientra a Reggio dove si prodiga nell’aiutare i liberali e prendendo parte ai moti insurrezionali del 1831. Nuovamente in esilio, prima a Lugano e poi a Marsiglia, entrò in contatto con Giuseppe Mazzini con il quale fondò nel 1832 il giornale politico La Giovine Italia. Dopo una vita di continuo peregrinare in Italia e in Europa, dopo aver subito arresti e partecipato alla Seconda guerra di Indipendenza Giuditta, ammalatasi di tubercolosi, muore a Torino nel 1871 a causa di una polmonite.
All’interno del Museo del Risorgimento sono conservati molti suoi oggetti personali: le scarpette in raso di seta, le carte del mercante in fiera e gli scacchi, un medaglione con il suo ritratto e un frammento di stoffa di un suo abito tessuto con i colori bianco, rosso e verde a richiamare la bandiera Tricolore.
Aurora Recchioni, Diletta Codispoti, Irene Ascenzi, Giulia Valente, Alessia Pontiggia (Classe 3I)
Anita Garibaldi
Ana Maria Ribeiro da Silva incarna l’ideale di difensore dei diritti dei popoli e dell’eguaglianza dei cittadini. Anita, nata a Morinhos in Brasile nel 1821 circa, incontrò Garibaldi per la prima volta a Santa Caterina in Brasile. Quando egli la vide, la tradizione racconta che esclamò: “Tu sarai mia!” e così fu. Anita abbandonò il marito e seguì Garibaldi giungendo così in Italia. Con l’Eroe dei Due Mondi ebbe ben sei figli. Nel Museo Centrale del Risorgimento è presente un quadro raffigurante l’episodio della fuga di Anita nel 1840 durante le lotte per la libertà in Brasile con in braccio il suo primogenito Menotti. Vi è anche un medaglione in marmo che ritrae affiancati Anita e Garibaldi. Anita condivise appieno gli ideali politici del suo Josè seguendolo ovunque nei pericoli e nelle battaglie per morire ancora giovane nelle vicinanze di Ravenna nell’agosto 1849.
Ilaria De Lucia; Elena Sofia Fermo; Sara Paolocci; Luna Giuliani; Arianna Colace; Ludovica Sacchetta (Classe 3I)
Colomba Antonietti
La patriota italiana Colomba Antonietti nacque a Bastia Umbra (Umbria) nel 1826. All’età di 15 anni si trasferì a Foligno dove conobbe Luigi Porzi. I due giovani si sposarono senza una vera e propria autorizzazione. Per tale motivo, quando Luigi Porzi giunse a Roma, fu arrestato. Tra il 1848 e il 1849 il marito aderì alla Repubblica Romana. Colomba si tagliò i capelli e si vestì da bersagliere per poter combattere con suo marito. Partecipò alla Battaglia di Velletri e successivamente anche alla battaglia di Palestrina, per poi ricevere un elogio da Garibaldi. A Roma prese parte al soccorso dei feriti ma, proprio qui, colpita da un’arma da fuoco, morì. Secondo la tradizione prima di morire mormorò “Viva l’Italia”. Al Museo Centrale del Risorgimento un quadro del pittore Girolamo Induno, dal titolo emblematico “Morte di Colomba Antonietti moglie del tenente Porzi. Porta San Pancrazio”, ricorda gli ultimi istanti della giovane eroina.
Chiara Monderna, Giulia Caldieraro, Isabella Noviello, Ludovica Paccione, Maria Carmela De Santis (Classe 3I)
Adelaide Bono Cairoli
Adelaide Bono Cairoli, nata a Milano l’8 marzo 1806, città dove morì all’età di 65 anni. Nota per i suoi cinque figli, fu considerata un modello di madre della nazione incarnante gli sviluppi intellettuali femminili dell’Italia dell’Ottocento. All’età di 18 anni sposò, contro il volere della madre, Carlo Cairoli di 28 anni maggiore di lei, vedovo con due figli. Con Carlo ebbe cinque figli, Benedetto, Ernesto, Enrico, Luigi e Giovanni. Fu una donna molto forte poiché provò la costante paura del pericolo e della morte per propri figli, tutti impegnati nelle lotte per l’unità d’Italia. Al Museo Centrale del Risorgimento, tra le figure delle eroine del nostro Risorgimento, si può vedere il ritratto di Adelaide Cairoli, vestita di nero, seduta accanto ai ritratti dei figli morti in guerra.
Marco Maria Bomba, Tommaso Calderigi (Classe 3I)
Jessie White Mario
Jessie White Mario era una donna inglese volenterosa e colta, innamorata del nostro paese e integralmente dedita alla causa dell’indipendenza, al riscatto politico e civile dell’Italia Unita. Venne soprannominata “Hurricane Jessie” per il suo coraggio e per la sua impetuosità. La sua intelligenza le ha permesso, nei suoi numerosi viaggi tra Europa e America, di sostenere conferenze in cui riusciva ad incantare il pubblico con i suoi discorsi. Con il marito Alberto Mario formerà una coppia molto unita sentimentalmente nonostante i differenti ideali politici: lei mazziniana, lui federalista. La sua figura dimostra come gli ideali del Risorgimento fossero riusciti a diventare, nell’Ottocento, un fenomeno europeo e come anche il ruolo delle donne mostrasse già i primi segnali di emancipazione ed affermazione: Jessie White Mario fu una delle prime che indagò con i suoi scritti sulle difficili condizioni del Meridione dell’Italia. Nel Museo Centrale del Risorgimento di Roma, è conservata la coperta per il generale Garibaldi, nonché suo stretto amico, ricamata con una dicitura in inglese da lei (“Infermiera dei Mille”) durante la battaglia sull’Aspromonte, nella quale Garibaldi fu ferito.
Gaia Frenquelli e Claudia Dominjanni (Classe 4M)
La Crocerossina
La data di fondazione del Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana è il 1908, anno del primo corso tenutosi a Roma. Ma è nell’impegno sociale delle donne sui campi di battaglia dell’Ottocento, che si rintracciano le prime basi di quello che, con la Prima Guerra Mondiale, diverrà un fenomeno universalmente riconosciuto con l’appellativo di Crocerossine. La storia delle Infermiere Volontarie è strettamente legata alla storia d’Italia. Nel 1908 ebbero il loro “battesimo del fuoco” accorrendo in aiuto delle vittime del terremoto calabro-siculo, seguito nel 1912 con la guerra di Libia e il terremoto del Vulture del 1914. La guerra del 1915-1918 sarà il vero banco di prova delle Infermiere, prime donne sul fronte di una guerra. Durante quei terribili anni, la duchessa Elena D’Orleans Aosta, prima Ispettrice del Corpo, perfezionò la loro preparazione, le dotò di un’uniforme e coniò l’appellativo di “Sorelle”. Nonostante le perdite causate dal conflitto, il Copro delle Infermiere diede un enorme contributo anche durante la Seconda guerra mondiale. Dal 1946 le Infermiere Volontarie, insieme al Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, proseguono il loro impegno sia in Patria sia all’estero, in casi di emergenza o nella quotidianità, all’interno di ogni iniziativa umanitaria o di peacekeeping, diffondendo il Diritto Umanitario, i principi di Croce Rossa e l’Educazione sanitaria. Nella Sala della Prima guerra mondiale del Museo Centrale del Risorgimento è esposta l’uniforme di una Crocerossina donata dal Corpo delle Infermiere Volontarie.
Le classi 3I e 4M