Attualità
Il cacciatore di ricordi
Harry Shindler: classe 1921, britannico di nascita, italiano per adozione e, ora, cittadino onorario di San Benedetto del Tronto
Lucrezia Curzi | 27 marzo 2017

Partecipa alla Seconda Guerra Mondiale con la divisa dei Royal Electrical and Mechanical Engineers, attraversa l’Italia, da Anzio fino a Trieste, combattendo i nazisti: Harry Shindler. Un eroe del conflitto che ancora oggi vanta il suo nome sulla “Italy Star Association”, l’associazione di veterani inglesi partecipanti al secondo conflitto mondiale, e che è registrato come “Membro dell’Impero Britannico”, dopo la nomina, nel 2014, da parte della Regina Elisabetta II. Ma Harry, nonostante abbia sacrificato la sua giovinezza sul campo di battaglia, ritiene che la guerra non sia ancora finita e che il suo contributo sia necessario affinché tutti i tasselli possano ritornare al loro posto. La mia guerra non è finita, dice proprio nel libro scritto in collaborazione con Marco Patucchi, giornalista de La Repubblica, in cui racconta le ricerche più memorabili e commoventi, volte al ritrovamento di nomi, luoghi, edifici scomparsi durante il secondo conflitto mondiale. 

Non ha un vero e proprio criterio di ricerca, ha raccontato ai ragazzi del Liceo Scientifico Benedetto Rosetti di San Benedetto del Tronto che lo hanno accolto insieme al regista Bruno Bigoni (che da quel libro sta traendo un docufilm). 

C’è bisogno di muoversi in base alle informazioni che si hanno, raccogliere i pezzi e metterli insieme nel giusto ordine per formare quel puzzle che contribuirà a fare ordine nella storia. E a quel punto, quando la voce su un nonno, un genitore, uno zio, un amico si baserà su una certezza, e non più su ipotesi più o meno probabili, la guerra di una famiglia potrà finalmente definirsi conclusa. 

Un cacciatore di ricordi dunque. Un uomo che vuole mettere al proprio posto più storie possibili, che vuole ritrovare nelle vicende di ognuno i tasselli della propria guerra. Quella guerra che non deve essere dimenticata: per fare in modo che i giovani morti in quegli anni continuino a vivere, c’è bisogno che la nostra generazione non dimentichi, anzi, continui ad informarsi, a rispettare quei ragazzi, nostri coetanei, che hanno perso la vita in nome della propria patria e, forse ancor più, in nome di una libertà tanto cercata quanto spesso sepolta con loro.

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