Un vento di cambiamento è arrivato in Europa e si chiama Emmanuel Macron.
La Francia, che ha visto contendersi la presidenza da Marine Le Pen (Fronte nazionale) e dal leader di En Marche!, tira un sospiro di sollievo, allontanato il populismo antieuropeista che rischiava di prendere il sopravvento mettendo fine all’Europa.
Un’equipe di giovani alla guida di un partito, En Marche!, nato ad aprile 2016, conquista in poco tempo il favore popolare ottenendo al ballottaggio il 66,6% delle preferenze.
Il neopresidente è autore di un libro visionario, agile, adatto alla massa e dal titolo molto forte, soprattutto per un francese. Rivoluzione, arrivato finalmente in Italia.
Non può essere definito un manifesto programmatico, non è un vero e proprio programma elettorale, ma è una visione quella di Macron, un libro che mostra l’uomo che si cela dietro la figura politica e i suoi valori.
Se le malelingue non fanno che parlare della sua relazione con Brigitte, descritta nel libro con estrema tenerezza, Macron ha un solo pensiero: la Francia.
I temi trattati si possono riassumere in tre parole: cambiamento, libertà e Europa.
Il testo, intriso di patriottismo francese, è una dichiarazione d’amore alla Francia, al centro della sua idea di rivoluzione; accompagna il lettore per mano partendo dalla vita di Macron stesso, ciò in cui crede per poi affrontare i problemi del Paese mettendo al centro il cambiamento.
Ma come si colloca Emmanuel Macron nella seppur superata dicotomia destra-sinistra?
Macron scrive a tal proposito: “La mia volontà è quella di superare la tradizionale opposizione tra destra e sinistra (…) Se per liberismo s’intende fiducia nell’individuo, sono d’accordo nel qualificarmi liberale. Perché è ciò che difendo, a mia volta, deve permettere a ciascuno di trovare nel suo paese una direzione conforme alle sue speranze più autentiche. Ma se, all’opposto, essere di sinistra significa pensare che il denaro non conceda tutti i diritti, che l’accumulo di capitale non debba essere considerato l’unico orizzonte vitale, che le libertà del cittadino non debbano essere sacrificate a un imperativo di sicurezza assoluta e intangibile, che i più poveri e i più deboli debbano essere tutelati e non discriminati, allora sono d’accordo, con altrettanta convinzione nel qualificarmi uomo di sinistra”.
Macron è l’uomo del en même temps, afferma Darnis, direttore del Programma Sicurezza e Difesa dello Istituto Affari Internazionali, ovvero si pone come obiettivo quello di conciliare una cosa e il suo contrario, superando l’antica divisione destra-sinistra, mettendo nello stesso calderone ossimori politici.
Il leader abbraccia come punto di partenza innovazione, cambiamento tecnologico, rivoluzione, per poi trattare punto per punto ciò che affligge e spaventa i francesi.
Il neopresidente insiste sulla lotta all’Isis ma sottolinea l’importanza dell’integrazione dei musulmani nella comunità, agendo anche sui quartieri abbandonati a se stessi e di tenere a mente di non fare di tutta l’erba un fascio. A tal proposito scrive: “Abbiamo davanti una scelta, una scelta che si è presentata più volte nel corso della nostra storia. Vogliamo combattere una religione, escluderla, o vogliamo piuttosto contribuire a darle un posto nella nazione francese, aiutandola ad integrarsi pienamente?”
Nella sua accurata analisi dell’economia francese, l’ex Ministro dell’Economia, non si pone né in un’ottica di “rilancio” né di “rigore”.Priorità per l’investimento pubblico sono il capitale umano, la transizione ecologica e l’estensione del digitale e della fibra.
Dove si colloca l’Europa nell’agenda del neopresidente resta,invece, una zona di relativa ombra e i timori che l’europeismo di Macron sia una declinazione puramente francese sono un dato reale. Cosa comporterà cambiare la Francia per cambiare l’Europa?
Macron rassicura sottolineando: “Da tanti anni i nostri leader politici ci fanno credere che l’Europa sia un problema, la responsabile di ogni male. Dobbiamo qui ricordare ancora una volta che l’Europa siamo noi? Noi, che la geografia e la storia hanno posto al centro del continente? Noi, che l’abbiamo fatta e scelta? Noi che ne eleggiamo i rappresentanti? Diciamocelo chiaramente: eleggere il presidente della Repubblica è eleggere chi siederà, per la Francia, al tavolo del Consiglio europeo. E quando rivolgo lo sguardo al vasto mondo, nutro due certezze: ciò che ci unisce, in Europa, è più forte di ciò che ci divide, e, se non siamo in grado di capirlo, avremo ben poche possibilità di contare nei confronti della Cina o degli Stati Uniti. In fondo, di chi siamo gli eredi?”