Hammamet non è né un’apologia né una condanna alla figura di Bettino Craxi. Il film ricorda l’uomo che si cela dietro la figura politica che fu il leader del PSI. Si sviluppa su vari piani temporali: dall’ultima celebre Internazionale, passando per la latitanza o esilio, che dir si voglia, fino all’ultimo respiro di un uomo che, nel bene o nel male, ha fatto la storia di questo Paese. Mostra una vita familiare complessa, i dissapori e il difficile rapporto con (e tra) i figli, Stefania (nel film chiamata Anita ndr) e Bobo; la prima intenta a combattere le battaglie di tutti i giorni, l’altro impegnato in Italia in una sfida politica, per difendere la memoria del padre. Emergono anche le sofferenze fisiche e morali, che travagliano gli ultimi anni della vita del “Presidente”: fisiche per via della sua malattia, difficile da curare in Tunisia, morali a causa di vicende passate, che riemergono con la visita inaspettata del figlio di Vincenzo Balsamo. La vita politica di Bettino Craxi, fa solo da contorno a un film che antepone lo studio della persona allo studio del personaggio, rendendogli (finalmente) giustizia, senza però sbilanciarsi.
La trama del film ha un tono drammatico e l’andamento non è sempre dinamico, ma nonostante ciò, inserisce lo spettatore all’interno di un contesto che lo fa sentire partecipe ed emotivamente coinvolto, in quello che viene narrato come il lento declino di un grande leader. Gianni Amelio non lascia niente al caso, partendo dal non chiamare mai Craxi per nome ma usando l’appellativo di “Presidente”, passando per la scelta delle canzoni, che si inseriscono perfettamente all’interno di uno scenario malinconico. La magistrale interpretazione di Pierfrancesco Favino, sublimata da un trucco eccezionale, maschera una carenza qualitativa degli attori non protagonisti e rende onore ad una sceneggiatura che, nonostante presenti qualche leggera imprecisione storica e qualche riadattamento narrativo, descrive adeguatamente e fedelmente le vicende di quegli anni. Hammamet è un film da vedere indipendentemente dalle opinioni politiche, sia per apprezzare un’ottima regia di Gianni Amelio e un Pierfrancesco Favino, ci sentiremmo di dire, quasi da Oscar, sia per cogliere le sfumature umane che si celano dietro al personaggio politico.