Affrontando un tema sempre più attuale, il Nemico di Classe si presenta con un realismo sconvolgente. Un realismo, quello della regia di Massimo Chiesa, che si è rivelato l’arma vincente di tutta la rappresentazione. È solo grazie alla gioventù e al vigore degli interpreti, infatti, che si è potuto raggiungere un risultato tanto toccante, tanto emozionante. Volgarità, turpiloquio e violenza (talvolta pesanti) si sono rivelati elementi necessari al fine di rendere l’opera più concreta e coinvolgente, ma soprattutto per inquadrare al meglio la realtà dei giovani protagonisti allo sbando. Iron, Spillo, Kermit, Kinder, Broz e Bago si trovano da soli, in una classe distrutta dagli atti vandalici più efferati, senza un professore – avendo indotto anche l’ultimo ad abbandonare l’ardua impresa di addomesticarli – a inventarsi come passare il tempo in qualche modo. Nella paradossale speranza che entri qualcuno che insegni loro qualcosa, decidono di fare lezione in modo autogestito, uno per uno. Ed ecco che si compiono le rivelazioni e le riflessioni più commoventi e toccanti di tutto lo spettacolo. Il Nemico di Classe di Chiesa è una testimonianza di una realtà sempre più diffusa del degrado cittadino, dove la più severa delle professoresse è la vita e dove solo lo scorrere inesorabile del tempo è giudice e padrone degli inconsapevoli ragazzi, costretti a maturare con la forza. Quei ragazzi che, una volta arrivati all’ultimo anno - come i nostri protagonisti - rimpiangono quel “sapere”, che ora invocano con tanta rabbia, che loro stessi hanno rifiutato, firmando una vera e propria condanna.
Nemico di classe
Andrea Boutros | 26 settembre 2011
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