In tournée. Il Mistero buffo di Paolo Rossi
Anche Gesù era un clandestino
Il Mistero buffo di Paolo Rossi
Chiara Cacciotti, 20 anni | 7 novembre 2011
Se Gesù tornasse oggi, in Italia, saremmo in grado di comprenderlo e seguire i suoi insegnamenti? Una prospettiva laica delle Sacre Scritture ma allo stesso tempo rispettosa, che vede di nuovo protagonista sul palco del Teatro Vittoria di Roma il comico Paolo Rossi.
Dal 18 ottobre al 13 novembre,“Il Mistero Buffo nella versione pop 2.0” torna a grande richiesta dopo il grande successo del marzo scorso: un riadattamento-omaggio al maestro Dario Fo, con il quale Rossi ha debuttato nel 1978 in Histoire du Soldat.
Oltre al celebre comico, faranno la loro apparizione sul palco il musicista-attore Emanuele Dell’Aquila, l’attrice Lucia Vasini e il manichino Goran, simbolo della clandestinità e dello sfruttamento nel nostro Paese. Perché anche Gesù era un clandestino, ed è stato perseguitato e poi giustiziato prima d’esser venerato.
Lo spettacolo provoca già dal primo secondo risate incontenibili: a partire dall’ingresso di Rossi e Dell’Aquila vestiti da frati, rispettivamente Fra Inteso e Fra Stornato, seguirà una storia tragi-comica sulle ingiustizie medievali viste dagli occhi di un giullare con un passato pieno di disgrazie al quale Cristo ha fatto il dono più grande, quello della risata.
Una storia su come si diventa un comico, sulla “vera” Sacra Famiglia e sul povero personaggio di San Giuseppe (“Dimmelo ancora, Maria, che voglio sentirmi più tranquillo: hai visto una grande luce, e poi?”). Una serie di metafore e allegorie dove la finzione s’intreccia con la realtà, il passato con le vicende di cronaca del presente, in un momento come il nostro dove fatichiamo a comprendere cosa sia vero e cosa no, cosa faccia più ridere tra le battute dei comici e le promesse istituzionali.
Anche oggi l’obiettivo dello spettacolo è di tipo politico, come lo era nel 1969 con Fo e la sua prima rappresentazione in un garage milanese: non siamo certo nel periodo storico della contestazione giovanile, degli inizi degli anni di piombo e della guerra nel Vietnam, ma viviamo in un’epoca in cui difendere i valori significa sopravvivere, in cui gli studenti manifestano per il proprio futuro e in cui la guerra è diventata non un avvenimento storico e concreto, ma qualcosa di più intrinseco e intimo che ormai ci appartiene.
Un’occasione per ridere, per rilassarsi e divertirsi, ma anche per riflettere, per comprendere gli errori del passato e impedirne il ritorno e, perché no, per trovare individualmente un mistero buffo in qualche remoto angolo della strada o della nostra vita su cui meditare.
Lo spettacolo finisce con la “preghiera laica del comico”, un ringraziamento-critica a Dio su tutto quello che ancora c’è da fare e da cambiare nell’uomo. E la richiesta di un favore, di tipo personale: “Signore, salutami il dottor Monicelli, se lo incontri”.
Dal 18 ottobre al 13 novembre,“Il Mistero Buffo nella versione pop 2.0” torna a grande richiesta dopo il grande successo del marzo scorso: un riadattamento-omaggio al maestro Dario Fo, con il quale Rossi ha debuttato nel 1978 in Histoire du Soldat.
Oltre al celebre comico, faranno la loro apparizione sul palco il musicista-attore Emanuele Dell’Aquila, l’attrice Lucia Vasini e il manichino Goran, simbolo della clandestinità e dello sfruttamento nel nostro Paese. Perché anche Gesù era un clandestino, ed è stato perseguitato e poi giustiziato prima d’esser venerato.
Lo spettacolo provoca già dal primo secondo risate incontenibili: a partire dall’ingresso di Rossi e Dell’Aquila vestiti da frati, rispettivamente Fra Inteso e Fra Stornato, seguirà una storia tragi-comica sulle ingiustizie medievali viste dagli occhi di un giullare con un passato pieno di disgrazie al quale Cristo ha fatto il dono più grande, quello della risata.
Una storia su come si diventa un comico, sulla “vera” Sacra Famiglia e sul povero personaggio di San Giuseppe (“Dimmelo ancora, Maria, che voglio sentirmi più tranquillo: hai visto una grande luce, e poi?”). Una serie di metafore e allegorie dove la finzione s’intreccia con la realtà, il passato con le vicende di cronaca del presente, in un momento come il nostro dove fatichiamo a comprendere cosa sia vero e cosa no, cosa faccia più ridere tra le battute dei comici e le promesse istituzionali.
Anche oggi l’obiettivo dello spettacolo è di tipo politico, come lo era nel 1969 con Fo e la sua prima rappresentazione in un garage milanese: non siamo certo nel periodo storico della contestazione giovanile, degli inizi degli anni di piombo e della guerra nel Vietnam, ma viviamo in un’epoca in cui difendere i valori significa sopravvivere, in cui gli studenti manifestano per il proprio futuro e in cui la guerra è diventata non un avvenimento storico e concreto, ma qualcosa di più intrinseco e intimo che ormai ci appartiene.
Un’occasione per ridere, per rilassarsi e divertirsi, ma anche per riflettere, per comprendere gli errori del passato e impedirne il ritorno e, perché no, per trovare individualmente un mistero buffo in qualche remoto angolo della strada o della nostra vita su cui meditare.
Lo spettacolo finisce con la “preghiera laica del comico”, un ringraziamento-critica a Dio su tutto quello che ancora c’è da fare e da cambiare nell’uomo. E la richiesta di un favore, di tipo personale: “Signore, salutami il dottor Monicelli, se lo incontri”.
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