Cinema e Teatro
Genova. Noi, spettatori speciali
Dietro le quinte del “Tinello”
Il Teatro dell'Archivolto apre le porte delle prove generali dei suoi spettacoli ai redattori di Radio Jeans e Zai.net: si parte con l’ultimo lavoro di Francesco Tullio Altan
Isabelle Gigli Cervi, 19 anni | 7 novembre 2011
“Ci siamo assuefatti a tutto: perfino a essere italiani.”
Francesco Tullio Altan, forse conosciuto ai più solo come Altan: noto come autore di vignette satiriche che vogliono rappresentare persone comuni – pubblicate su diverse testate giornalistiche (L’Espresso, Panorama e, ultimamente, La Repubblica) – il disegnatore ha creato anche personaggi molto conosciuti, quali la celeberrima Pimpa – la cagnolina a pois rossi – Kika, Kamillo Kromo, l’operaio metalmeccanico comunista Cipputi e parodie di grandi della Storia (Cristoforo Colombo, Giacomo Casanova e S. Francesco d’Assisi).
Ma non bisogna tralasciare la sua formazione di scenografo e sceneggiatore, che lo ha portato a collaborare più volte con cinema e televisione, nonché con il Teatro dell’Archivolto di Genova. Tutto è iniziato nel 1998, quando ha cooperato per la realizzazione sia di spettacoli per l’infanzia (Pimpa, Pimpa Cappuccetto Rosso, Pimpa sogni d’oro, Il circo di Pimpa e Kamillo e il libro magico) che di rappresentazioni per il pubblico adulto (Cuori pazzi, Cipputi, Cronache del Bel Paese). E quest’anno la “vecchia amicizia” continua.
Debutta infatti, in prima assoluta a Genova, per la regia di Giorgio Gallione, “Tinello italiano”, in scena dal 26 ottobre al 12 novembre, coproduzione del Teatro dell’Archivolto con il Teatro Stabile di Genova, «In collaborazione per la terza volta – spiega Pina Rando, direttrice del teatro - con il brillante vignettista e scrittore di aforismi, questa volta impegnato a delineare personaggi catatonici, del tinello italiano appunto, che a fatica si smuovono dalle poltrone, bloccati da inedia e depressi di fronte alla tv».
Oltre a quella con lo Stabile, inizia anche un’altra importante collaborazione del Teatro dell’Archivolto: quella con Zai.net e Radio Jeans. È in corso, infatti, un progetto che consente agli studenti di partecipare alle prove generali degli spettacoli di produzione, prima della loro messa in scena. Un modo per gettare uno sguardo dietro alle quinte, assistendo a tutto l’allestimento dell’apparato scenico, alle direttive del regista e ai suggerimenti degli attori. Una grande opportunità per far avvicinare i giovani al teatro e per ricordare loro che la scena non è solo finzione, ma è anche un potentissimo strumento di riflessione, che rappresenta sul palcoscenico ciò che si verifica nella vita di tutti i giorni e che, molte volte, non si ha il coraggio di denunciare.
In questa prima occasione abbiamo potuto conoscere i nove attori in scena: Massimo Mesciulam, Melania Genna, Simona Guarino, Rosanna Naddeo, Sarah Pesca, Mauro Pirovano, Vito Saccinto, Giorgio Scaramuzzino e Beatrice Schiros, tutti diplomati alla scuola di recitazione dello Stabile. Attraverso monologhi, brani vivaci, dialoghi canzonatori e storie curiose danno vita ad uno spettacolo che vuole porre chi guarda di fronte ad uno specchio della realtà, per farlo riflettere sul mondo che lo circonda, in un continuo alternarsi di finzione scenica e lucida riflessione sull’attualità. (- Disoccupazione in aumento, onorevole! – Porco cane, ma non invecchiano mai?) Altan sceglie l’ottica del nucleo familiare, ricercando in esso squarci della vita di tutti i giorni, dai dialoghi di padre e figlio sul divano davanti alla tv (- Babbo, tu non mi conosci. – Chissà cosa mi perdo.), alle battute pungenti tra moglie e marito seduti a cenare (- Fatti forza Maria, che il capitalismo sta agli ultimi spasimi. – Sono sette anni che me lo dici all’ora di cena, Giggi.) Uno spettacolo bizzarro e pungente, nel quale comicità e amarezza si fondono insieme, nel tentativo di raccontare un’Italia che trova nella risata un efficace strumento per combattere l’amarezza della realtà.

“Anche se oggi in Italia tendenzialmente si crede che con la cultura non si possa vivere, in realtà non è così. La lettura, l’istruzione, la curiosità, anche se non sfamano, sono gli unici strumenti che possediamo per non essere assoggettati.” (Pino Caruso, al termine della rappresentazione de “Il berretto a sonagli”, Marzo 2011)
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