Il palco condiviso. Lo spettacolo deve essere di tutti
Al Valle, dove va in scena la protesta
Kalliroi, 18 anni | 2 dicembre 2011
Sono ancora lì. Dal 14 giugno occupano il Valle, uno dei teatri storici più importanti di Roma e d’Italia, dove per la prima volta fu rappresentato Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello. Tutto è scaturito dalla soppressione dell’Ente teatrale italiano, in seguito alla quale il teatro è passato dal ministero al Comune che l’avrebbe affidato a un privato con un bando. «Il caso del Valle – ci ha raccontato una degli occupanti – è un po’ il simbolo di come viene considerata la cultura in Italia: un peso e non una risorsa. L’occupazione è stata sia un’occasione per “salvare” il teatro, che con la privatizzazione rischia di disperdere la sua identità artistica, sia per rivendicare i diritti degli artisti». La loro intenzione – tengono a specificare – non è di gestire il teatro, ma di restituirlo ai cittadini. «Per noi è una manifestazione democratica contro la pratica ormai usuale secondo cui i direttori artistici non vengono scelti per le loro qualità, ma per la loro vicinanza a poteri politici. Questi stessi direttori oltretutto utilizzano la maggior parte delle risorse economiche dei teatri pubblici per produrre i loro stessi spettacoli, inibendo di fatto l’accesso ai grandi palcoscenici per i giovani artisti». Nel frattempo gli occupanti hanno elaborato proposte concrete, come la creazione della Fondazione bene comune, con lo scopo di ricreare una connessione fra gli enti pubblici e la popolazione, coinvolgendo nella gestione sia i lavoratori del teatro, sia il pubblico o gli abbonati. Un bel progetto, ma sicuramente complicato. «È vero – prosegue la nostra giovane interlocutrice – ma abbiamo dalla nostra la preziosa collaborazione di un giurista molto bravo, Ugo Mattei, lo stesso estensore del referendum sull’acqua, che ci ha creato lo Statuto. È un’idea che punta molto in alto. Abbiamo poi cercato una vocazione artistica per questo teatro e l’abbiamo trovata nella drammaturgia contemporanea, nella convinzione che bisogna guardare al presente e al futuro per riappassionare il pubblico e dare a tutti la possibilità di rispecchiarsi in ciò che vedono». Ma com’è la giornata “tipo” degli occupanti? «Noi dormiamo e mangiamo lì, qualcuno va a lavoro e poi torna la sera. Ci sono molte cose da fare, il Valle è vivo tutto il giorno e anche la notte con tante attività di formazione e laboratori. Tutti possono accedere. Ora stiamo sperimentando le “permanenze”, settimane in cui i vari artisti propongono laboratori e serate in maniera interdisciplinare. I momenti più belli? L’emozionante discorso di Franca Valeri, il concerto di Jovanotti e poi il 5 luglio, quando in conferenza stampa abbiamo concretizzato i nostri obiettivi, passando da una “protesta contro” a una “protesta per”».
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