Roma. Arriva il capolavoro di Strindberg
Julie, la signorina sovversiva
Un’intensa Valeria Solarino veste i panni di una giovane contessa alle prese con un dramma personale dall’esito tragico. Sullo sfondo, l’eterna contrapposizione delle classi sociali
Giulia Iani | 2 febbraio 2012
Una cucina come antinferno, un tavolo come lettino dello psicanalista: è un dramma personale ma di forte impatto sociale quello in scena al teatro Eliseo di Roma dal 14 al 26 febbraio 2012. La signorina Julie, tragedia in atto unico del drammaturgo svedese Strindberg, è infatti la storia di una contessina venticinquenne che tenta di sedurre un suo servo durante una notte estiva, forse per sfuggire a un ruolo e un’identità che non sente suoi. L’opera pone al centro la contrapposizione fra classi sociali, contrapposizione molto forte nella Svezia puritana di fine Ottocento, quando fu composto il testo. Il regista Malosti riprende in mano la Julie di Strindberg immergendola in un’atmosfera quasi freudiana. A calare nei suoi panni la brava Valeria Solarino, che ci racconta lo spettacolo.
Com’è interpretare Julie e cosa ti piace di questo personaggio?
«È stato interessante, affascinante come tutti i personaggi che finora ho fatto: Julie è però una figura molto particolare, anche abbastanza difficile da comprendere veramente. All’inizio avevo avuto un primo approccio molto razionale, cercando di capire i fatti e il loro legame. Adesso ho cominciato ad accettare questo personaggio e a viverlo come se fosse destinato a una fine tragica».
Strindberg scrive: “[…] mi sono lasciato conquistare da un tema che si può dire estraneo alle attuali faziosità, perché la problematica dell’ascesa e della discesa sociale, di chi sta sopra e di chi sta sotto, di chi è migliore e di chi è peggiore, del maschio e della femmina, è, è stata e sarà sempre di notevole interesse”. Qual è il tuo punto di vista?
«Nel periodo in cui scrive Strindberg, l’aristocrazia stava decadendo e la piccola borghesia si faceva avanti. Credo che il mischiarsi delle classi sociali fosse considerato un tabù, qualcosa di scandaloso: questa era, almeno per l’epoca, la chiave di lettura di questo testo».
L’idea scenografica è quella di una stanza rovesciata in cui si aprono improvvisamente porte, botole e luoghi misteriosi, dove appaiono i personaggi e spariscono gli oggetti con un gioco di luci e ombre. Questa contrapposizione tra buio e luce rappresenta per Julie relitti dell’inconscio?
«In alcuni momenti sulla scena ho come l’impressione di essere su un lettino di uno psicanalista: ad esempio quando Giovanni (il servo) mi chiede quale sia il rapporto con mio padre e la mia famiglia. Io allora mi sdraio sul tavolo della cucina che diventa un po’ tutto: banco da macellaio, lettino dello psicanalista, momento di raccolta conviviale. Le luci così presenti sulla scena sono lenti di ingrandimento sull’inconscio di Julie».
All’epoca questa fu ritenuta un’opera scandalosa: perché?
«Credo che per l’epoca fosse scandaloso il fatto che i personaggi dicano apertamente quello che provano. Giovanni ad esempio dichiara di fare l’amore per divertirsi e di voler scalare i gradini della società per arrivare in alto».
E cosa consideri “scandaloso” oggi?
«Non avere una presa di posizione davanti ad alcune cose, l’indifferenza. È scandaloso che oggi stiamo un po’ tutti a guardare quello che succede nelle nostre case e non ci occupiamo più della società; l’atteggiamento che abbiamo verso l’esterno è una curiosità morbosa, priva di una reale partecipazione».
Parliamo di te: meglio palcoscenico o set cinematografico?
«Sono due cose molto diverse: due modi diversi di recitare, di comunicare, un linguaggio diverso, emozioni diverse. Non riesco a fare dei paragoni: mi piacciono tutti e due!».
Sei recentemente apparsa in tv nel ruolo di Anita Garibaldi. Abbiamo letto che per avere questa parte hai mentito fingendo di sapere andare a cavallo. È vero?
«Sì, è vero! Al provino come prima domanda mi hanno chiesto se sapessi andare a cavallo. Dato che non potevano verificarlo in quel momento perché eravamo nello studio, ho detto di sì ovviamente. Altrimenti sarei stata subito scartata!».
Quali sono i prossimi progetti in cantiere?
«Farò questa tournée fino ai primi di marzo, poi si vedrà!».
Com’è interpretare Julie e cosa ti piace di questo personaggio?
«È stato interessante, affascinante come tutti i personaggi che finora ho fatto: Julie è però una figura molto particolare, anche abbastanza difficile da comprendere veramente. All’inizio avevo avuto un primo approccio molto razionale, cercando di capire i fatti e il loro legame. Adesso ho cominciato ad accettare questo personaggio e a viverlo come se fosse destinato a una fine tragica».
Strindberg scrive: “[…] mi sono lasciato conquistare da un tema che si può dire estraneo alle attuali faziosità, perché la problematica dell’ascesa e della discesa sociale, di chi sta sopra e di chi sta sotto, di chi è migliore e di chi è peggiore, del maschio e della femmina, è, è stata e sarà sempre di notevole interesse”. Qual è il tuo punto di vista?
«Nel periodo in cui scrive Strindberg, l’aristocrazia stava decadendo e la piccola borghesia si faceva avanti. Credo che il mischiarsi delle classi sociali fosse considerato un tabù, qualcosa di scandaloso: questa era, almeno per l’epoca, la chiave di lettura di questo testo».
L’idea scenografica è quella di una stanza rovesciata in cui si aprono improvvisamente porte, botole e luoghi misteriosi, dove appaiono i personaggi e spariscono gli oggetti con un gioco di luci e ombre. Questa contrapposizione tra buio e luce rappresenta per Julie relitti dell’inconscio?
«In alcuni momenti sulla scena ho come l’impressione di essere su un lettino di uno psicanalista: ad esempio quando Giovanni (il servo) mi chiede quale sia il rapporto con mio padre e la mia famiglia. Io allora mi sdraio sul tavolo della cucina che diventa un po’ tutto: banco da macellaio, lettino dello psicanalista, momento di raccolta conviviale. Le luci così presenti sulla scena sono lenti di ingrandimento sull’inconscio di Julie».
All’epoca questa fu ritenuta un’opera scandalosa: perché?
«Credo che per l’epoca fosse scandaloso il fatto che i personaggi dicano apertamente quello che provano. Giovanni ad esempio dichiara di fare l’amore per divertirsi e di voler scalare i gradini della società per arrivare in alto».
E cosa consideri “scandaloso” oggi?
«Non avere una presa di posizione davanti ad alcune cose, l’indifferenza. È scandaloso che oggi stiamo un po’ tutti a guardare quello che succede nelle nostre case e non ci occupiamo più della società; l’atteggiamento che abbiamo verso l’esterno è una curiosità morbosa, priva di una reale partecipazione».
Parliamo di te: meglio palcoscenico o set cinematografico?
«Sono due cose molto diverse: due modi diversi di recitare, di comunicare, un linguaggio diverso, emozioni diverse. Non riesco a fare dei paragoni: mi piacciono tutti e due!».
Sei recentemente apparsa in tv nel ruolo di Anita Garibaldi. Abbiamo letto che per avere questa parte hai mentito fingendo di sapere andare a cavallo. È vero?
«Sì, è vero! Al provino come prima domanda mi hanno chiesto se sapessi andare a cavallo. Dato che non potevano verificarlo in quel momento perché eravamo nello studio, ho detto di sì ovviamente. Altrimenti sarei stata subito scartata!».
Quali sono i prossimi progetti in cantiere?
«Farò questa tournée fino ai primi di marzo, poi si vedrà!».
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