Cinema e Teatro
Chi l'ha detto che il noir è francese?
Nelle sale dal 1 maggio, ?Il cecchino? segna il ritorno alla regia di Michele Placido. Tra i protagonisti Mathieu Kassovitz, a cui abbiamo rubato qualche battuta
Maddalena Messeri | 27 aprile 2013
Tu sei regista ma anche attore, nel film interpreti un criminale riflessivo...
Quando recito mi costringo a mettere da parte la mia esperienza di regista. Cerco di restare il più possibile in disparte e di non confondere questi due aspetti. Secondo me il lavoro di un attore è un processo ben strutturato: prima legge il copione, poi viene scritturato e quindi fa del proprio meglio per realizzare la visione del regista. È proprio quest'ultima la cosa che più conta.

Cosa ne pensi di quest?ossessione moderna per il mondo del crimine?
Osservare i lati più oscuri del comportamento umano, come succede ne Il cecchino, è uno dei motivi che spinge la gente ad andare al cinema. Personalmente sono più interessato ai problemi umani generati dalla politica. Come uomo e filmmaker, preferisco parlare della condizione globale della società piuttosto che della condizione umana, ma trovo comunque molto positivo il fatto che esistano film come questo che ne facciano il tema centrale.

Il cecchino può rientrare nella categoria del polar, del poliziesco alla francese?
Secondo me sì, perché il film parla della bestialità umana e, come ogni buon poliziesco, di protagonisti che devono affrontare le proprie debolezze. La cosa interessante è che nessuno dei tre personaggi principali è in grado di sfuggire al proprio passato o ai suoi demoni interiori.

Ti piace questa cifra stilistica?
Non sono attaccato a nessuno stile o genere in particolare. Dei noir amo le loro sceneggiature intelligenti, i polizieschi dei fratelli Cohen, i film del regista francese Jean-Pierre Melville così caratterizzati dai personaggi e dalle atmosfere, senza dimenticare il cinema americano degli anni ?50.

Com'è stato il tuo rapporto con il regista?
Michele era particolarmente interessato alla complessità umana e alla trasgressione dei confini fra bene e male. Durante le riprese è stato divertente per gli attori francesi assistere al modo in cui ha costruito i suoi personaggi. Era un metodo molto dinamico e più istintivo che premeditato. Michele lavora principalmente sull?ispirazione del momento e ha una straordinaria libertà di azione. Una scena può essere completamente stravolta dai suggerimenti degli altri, perché lui è aperto a questo. È un approccio rassicurante e destabilizzante al tempo stesso: tutto riguarda l?osservazione, l?ascolto e la comprensione di ciò che accade in ogni momento sul set.
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