Spettacolo dal sangue blu
Mai fatto scacco matto?
Dal 6 al 24 novembre 2013 al Duse di Genova in scena “Il gioco dei re” di Luca Viganò: la storia di due scacchisti di fama mondiale diventa metafora della vita
Silvia Faveto | 14 novembre 2013
Primi del Novecento, un’amicizia che diventa rivalità, una scacchiera con 64 caselle: questi gli ingredienti de “Il gioco dei re”, che racconta in quaranta scene ambientate nei luoghi più diversi le vicende di due campioni di scacchi realmente esistiti: il cubano José Raúl Capablanca - il re bianco - e il russo Alexander Alexandrovic Alekhine - il re nero. La pièce è stata presentata in anteprima al Napoli Teatro Festival Italia e ha riscosso notevole successo di pubblico e critica, che lo ha definito “uno spettacolo dal sangue blu”. Ma il suo intento non è solo biografico: a parlarcene è Aldo Ottobrino, che interpreta lo scacchista russo.
Chi era Alexandrovic?
Un campione del mondo di scacchi per ben due volte: aveva perso il titolo, poi lo ha ripreso ed è morto imbattuto subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
È stato un personaggio difficile da interpretare?
Abbastanza, perché era un personaggio molto borderline: era figlio della nobiltà russa e durante la Rivoluzione d’Ottobre era stato costretto a scappare. Trovò asilo a Parigi, poi in Germania.
Giocava a scacchi fin da bambino: poi quando la madre si accorse che per lui era diventata un'ossessione provò a togliergli la scacchiera, ma lui giocava anche senza. Da adulto divenne alcolizzato e filonazista, scrisse addirittura un libro sugli scacchi ariani e gli scacchi ebrei.
Insomma, una personalità molto complessa, passionale ma al tempo stesso estremista.
Perché noi ragazzi dovremmo venire a vedere questo spettacolo?
Ho amato questo testo dalla prima volta che l’ho letto. A mio avviso è uno spettacolo bellissimo, costruito con flash back: è molto cinematografico e drammaturgico. Spesso come attore hai a che fare con testi classici e ti ritrovi battute da dire che non sono drammaticamente agibili, sono letterarie. Invece in questo caso è tutta azione, perché alla fine è anche un giallo: insomma, lo consiglio.
Cosa simboleggiano gli scacchi nello spettacolo?
Come dice il testo stesso, sono metafora della vita, e della guerra. Se ci pensi una partita di scacchi è uno scontro che finisce solo quando si fa scacco matto al re e quindi nel mezzo si distruggono tutti.
Legata allo spettacolo c'è anche un'iniziativa originale...
Sì, il maestro internazionale Fulvio Guido giocherà una simultanea: ovvero disputerà trenta partite in contemporanea contro altrettanti giovani giocatori selezionati. Questo è il primo evento in calendario, ma spero che ce ne saranno anche altri.
Ma lei sa giocare a scacchi?
Da ragazzino sì, nel senso che conoscevo tre mosse! Ora non sono diventato un esperto, ma negli anni mi sono appassionato e ho cominciato a comprare dei libri sul tema. Ogni tanto la mia compagna mi trova di notte, sveglio davanti al pc, intento a fare una partita: io colto sul fatto mi giustifico, nemmeno stessi vedendo un film porno!
E se fosse un pezzo degli scacchi, cosa sarebbe?
Sarei il cavallo: perché è un pezzo che amo tantissimo: può saltare e scavalcare dei pezzi ed è abbastanza imprevedibile. Muovendosi “a elle”, non sai mai esattamente cosa farà alla prossima mossa.
Chi era Alexandrovic?
Un campione del mondo di scacchi per ben due volte: aveva perso il titolo, poi lo ha ripreso ed è morto imbattuto subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
È stato un personaggio difficile da interpretare?
Abbastanza, perché era un personaggio molto borderline: era figlio della nobiltà russa e durante la Rivoluzione d’Ottobre era stato costretto a scappare. Trovò asilo a Parigi, poi in Germania.
Giocava a scacchi fin da bambino: poi quando la madre si accorse che per lui era diventata un'ossessione provò a togliergli la scacchiera, ma lui giocava anche senza. Da adulto divenne alcolizzato e filonazista, scrisse addirittura un libro sugli scacchi ariani e gli scacchi ebrei.
Insomma, una personalità molto complessa, passionale ma al tempo stesso estremista.
Perché noi ragazzi dovremmo venire a vedere questo spettacolo?
Ho amato questo testo dalla prima volta che l’ho letto. A mio avviso è uno spettacolo bellissimo, costruito con flash back: è molto cinematografico e drammaturgico. Spesso come attore hai a che fare con testi classici e ti ritrovi battute da dire che non sono drammaticamente agibili, sono letterarie. Invece in questo caso è tutta azione, perché alla fine è anche un giallo: insomma, lo consiglio.
Cosa simboleggiano gli scacchi nello spettacolo?
Come dice il testo stesso, sono metafora della vita, e della guerra. Se ci pensi una partita di scacchi è uno scontro che finisce solo quando si fa scacco matto al re e quindi nel mezzo si distruggono tutti.
Legata allo spettacolo c'è anche un'iniziativa originale...
Sì, il maestro internazionale Fulvio Guido giocherà una simultanea: ovvero disputerà trenta partite in contemporanea contro altrettanti giovani giocatori selezionati. Questo è il primo evento in calendario, ma spero che ce ne saranno anche altri.
Ma lei sa giocare a scacchi?
Da ragazzino sì, nel senso che conoscevo tre mosse! Ora non sono diventato un esperto, ma negli anni mi sono appassionato e ho cominciato a comprare dei libri sul tema. Ogni tanto la mia compagna mi trova di notte, sveglio davanti al pc, intento a fare una partita: io colto sul fatto mi giustifico, nemmeno stessi vedendo un film porno!
E se fosse un pezzo degli scacchi, cosa sarebbe?
Sarei il cavallo: perché è un pezzo che amo tantissimo: può saltare e scavalcare dei pezzi ed è abbastanza imprevedibile. Muovendosi “a elle”, non sai mai esattamente cosa farà alla prossima mossa.
Commenti
Effettua il login per inviare un commento