Genitori e figli
Noi quattro così normali
Dopo “Scialla”, Francesco Bruni racconta in “Noi 4” la famiglia di oggi, alle prese con separazioni, incomprensioni e amore. Senza pretese didascaliche
Valeria Firriolo | 14 marzo 2014
Una bella novità italiana esce a marzo con Noi 4, un film diretto da Francesco Bruni e interpretato da Fabrizio Gifuni e Ksenija Rappoport, prodotto da IBC Movie e Rai Cinema. Al centro della storia Giacomo, un ragazzino alle prese con l’esame di terza media, prima vera sfida scolastica della sua vita. Ma non l’unica: Giacomo infatti si trova ad affrontare un clima familiare piuttosto turbolento, fatto di litigi, tensioni, risentimenti tra i genitori separati, Ettore e Lara, e una sorella ventenne, Emma. In questa cornice si muovono i protagonisti della storia, alla ricerca continua di unità e felicità perdute: tutti si vengono incontro perché sono perennemente spinti da una forte nostalgia dell’amore familiare. È il regista a precisare: «Mi è capitato spesso, vedendo coppie di amici separati che si frequentavano dopo la separazione, di chiedermi: perché lo hanno fatto?». Perché spesso, nonostante l’amore che si prova, non si riesce a sopportare la difficile esperienza della convivenza.
Per questo la famiglia viene presentata da Francesco Bruni come «un nutrimento affettivo, ma anche un freno all’espressione personale»: nella storia a subire questo freno è Giacomo, che è stato catapultato nella separazione dei genitori senza aver deciso niente e che cerca di far fronte alla situazione come può. Il tutto nello sfondo di una Roma «calda, rumorosa, stressante, trafficata», vista quindi nel suo aspetto più terreno e quotidiano, lontano dagli stereotipi da città eterna. «Roma – spiega Bruni – interpreta il ruolo di quinto personaggio che complica ulteriormente la giornata».
Proprio in una giornata infatti, in ventiquattro ore, il regista sceglie di svolgere l’intera vicenda, perché sente il bisogno di dare compattezza drammaturgica ad una storia continuamente in movimento, piena di scontri e incontri ripetuti più volte tra i protagonisti.
Il problema all’interno della famiglia, dice il regista, è risolvere il rapporto complesso che c’è tra il figlio e un padre che non lo sostiene: nella separazione dei genitori i due figli si schierano uno dalla parte della madre e l’altra dalla parte del padre, pur rimanendo fortemente uniti tra loro. Al tempo stesso, però, Giacomo si mostrerà chiuso e schivo davanti all’eccessivo affetto di Emma, «molto protettiva, molto affettuosa, quasi in modo imbarazzante per il ragazzino».
E in questo coacervo di sentimenti cosa resta allo spettatore? Bruni decide di mostrare la realtà per quello che è, il film non pretende di avere intenzioni moralistiche o didascaliche, presenta solo la famiglia di oggi, con tutte le contraddizioni del caso. Coppie che si separano, ma che continuano a stare insieme, problemi di convivenza, figli che crescono senza punti di riferimento fissi, lasciando sempre meno posto alla bellezza dell’infanzia e entrando forse troppo presto nel mondo delle frustrazioni. Tutte cose con cui ha a che fare gran parte di noi adolescenti.
Ed ecco però che nella ricerca dell’equilibrio rimane per il regista l’amore, «fuoco che cova sotto la cenere»: questo stimola i quattro protagonisti a muoversi sempre in direzioni diverse, nella speranza e nel bisogno di riunirsi e tornare a quella felicità che non hanno accettato di perdere. Ci aspetta un film complesso e coinvolgente, che racconta sul grande schermo una storia che, anche se non ci appartiene direttamente, è continuamente intorno a noi.
Per questo la famiglia viene presentata da Francesco Bruni come «un nutrimento affettivo, ma anche un freno all’espressione personale»: nella storia a subire questo freno è Giacomo, che è stato catapultato nella separazione dei genitori senza aver deciso niente e che cerca di far fronte alla situazione come può. Il tutto nello sfondo di una Roma «calda, rumorosa, stressante, trafficata», vista quindi nel suo aspetto più terreno e quotidiano, lontano dagli stereotipi da città eterna. «Roma – spiega Bruni – interpreta il ruolo di quinto personaggio che complica ulteriormente la giornata».
Proprio in una giornata infatti, in ventiquattro ore, il regista sceglie di svolgere l’intera vicenda, perché sente il bisogno di dare compattezza drammaturgica ad una storia continuamente in movimento, piena di scontri e incontri ripetuti più volte tra i protagonisti.
Il problema all’interno della famiglia, dice il regista, è risolvere il rapporto complesso che c’è tra il figlio e un padre che non lo sostiene: nella separazione dei genitori i due figli si schierano uno dalla parte della madre e l’altra dalla parte del padre, pur rimanendo fortemente uniti tra loro. Al tempo stesso, però, Giacomo si mostrerà chiuso e schivo davanti all’eccessivo affetto di Emma, «molto protettiva, molto affettuosa, quasi in modo imbarazzante per il ragazzino».
E in questo coacervo di sentimenti cosa resta allo spettatore? Bruni decide di mostrare la realtà per quello che è, il film non pretende di avere intenzioni moralistiche o didascaliche, presenta solo la famiglia di oggi, con tutte le contraddizioni del caso. Coppie che si separano, ma che continuano a stare insieme, problemi di convivenza, figli che crescono senza punti di riferimento fissi, lasciando sempre meno posto alla bellezza dell’infanzia e entrando forse troppo presto nel mondo delle frustrazioni. Tutte cose con cui ha a che fare gran parte di noi adolescenti.
Ed ecco però che nella ricerca dell’equilibrio rimane per il regista l’amore, «fuoco che cova sotto la cenere»: questo stimola i quattro protagonisti a muoversi sempre in direzioni diverse, nella speranza e nel bisogno di riunirsi e tornare a quella felicità che non hanno accettato di perdere. Ci aspetta un film complesso e coinvolgente, che racconta sul grande schermo una storia che, anche se non ci appartiene direttamente, è continuamente intorno a noi.
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