Il monologo di Stefano Benni ha per protagonista una donna di nome V che ripercorre comicamente, ma con espliciti segni di follia, la sua vita improntata alla ricerca della sua parte mancante, appunto W. Una ricerca della propria completezza quindi, in cui la protagonista vuole trovare una spiegazione al suo senso di infelicità. Lentamente, in sala si spengono le luci: dal brusio iniziale, si entra in un silenzio incombente, pesante. Ambra Angiolini appare come timorosa, leggera, diafana, quasi superflua. Inizia il suo monologo quasi paradossale: gli interrogativi che la dominano sono sulla povertà, sulla amicizia, sull’intolleranza e sull’amore. Tutto intorno a lei si sfalda: scompare Walter il coniglio, il nonno Wilfredo muore, si interrompe l'amicizia con Wilma, compagna di scuola, si lascia squallidamente col fidanzato Wolmer. Sullo sfondo, una sceneggiatura minimale, forse di carta, alcuni pupazzi raffiguranti conigli, alcune note che escono da un pianoforte, che sottolinea alcuni momenti della recitazione con risonanze e dissonanze.
L’attrice in questa rappresentazione è decisamente totalizzante: dall’inquietudine per la sua infelicità si passa con leggerezza al registro comico, che deriva dalla tragedia stessa di non voler soccombere, e di volersi quindi adeguare a tutto con disperazione.
La voce calda ed intrigante di Ambra avvince, trasporta, introduce anche gli spettatori alla disperata ricerca di W. Il suo pezzo mancante, e forse anche il nostro.
Alla ricerca della W perduta
Jacopo Bertella | 14 marzo 2014
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