Cinema e Teatro
FRA EMOZIONE E SENTIMENTO
Amore è guerra
“Il coraggio di Adele”, in scena allo Stabile dal 10 al 14 dicembre, racconta la difficile costruzione di un rapporto uomo donna sullo sfondo di una guerra senza età. Ne abbiamo parlato con il protagonista, Filippo Dini
Jessica Graciotti | 31 dicembre 2014
Al centro della vicenda è una storia d’amore travagliata: è stato difficile metterla in scena?
In un certo senso sì, perché in questo spettacolo le emozioni sono condensate. Sullo sfondo c’è una guerra immaginaria, che potrebbe essere ambientata ai nostri giorni e che ha un volare funzionale: ha permesso di velocizzare tutti i cambiamenti del loro rapporto amoroso in maniera rapida ed esplosiva. D’altra parte, la guerra è anche metafora della loro battaglia personale l’uno contro l’altro e l’uno insieme all’altro per difendere o distruggere il loro amore. Con questa storia raccontiamo una coppia zero – all’inizio o alla fine dell’umanità, non importa – che rappresenta in sintesi tute le caratteristiche di una storia d’amore.

E come esce il rapporto uomo donna da questo spettacolo?
Sicuramente emerge che è molto difficile una conciliazione: costruire una coppia è un lavoro quotidiano. Quali siano lo scambio e il confronto fra uomo e donna è una domanda molto profonda, soprattutto per la nostra epoca. Nella nostra storia, il coraggio di Adele salva entrambi, mentre la vigliaccheria di Lucas in qualche modo permette l’incontro fra i due, ma rischia di ucciderlo.

Quindi è la donna che tiene le redini del rapporto…
La donna sicuramente si prende una grande responsabilità per tutti e due. In realtà, però, data la situazione non è così scontata la risposta: come nella vita di tutti i giorni c’è una combinazione di fattori, di convenienze. Dover scoprire il diverso da sé è qualcosa che può essere faticoso, a volte frustrante, ma anche affascinante.

A un certo punto dello spettacolo Lucas dice: “Il sentimento è qualcosa di profondo, costruito con il tempo e con l’intimità, l’emozione va e viene, va e viene”. Sei d’accordo con questa affermazione?
Sì: quando interpretiamo come qualcosa di fondante qualcosa che è invece soltanto apparenza o appannaggio del momento, scambiamo l’emozione con il sentimento. Oggi questo “errore” è molto agevolato dalle nuove tecnologie: possiamo condividere le emozioni in tempo reale e a una velocità impressionante. Questo fa sì che spesso si possa dare adito a fraintendimenti, con gli altri ma anche con noi stessi.

Quanto è stato difficile interpretare Lucas?
Non molto difficile, perché sono un uomo e quindi conosco alcune viltà tipiche del genere maschile. Conosco però anche la forza di Lucas e il suo desiderio di amare. Diciamo che per interpretare questo personaggio ho dovuto aprire canali che purtroppo conosco e dei quali mi vergogno. Recitandoli a teatro forse ce ne si può liberare.

Una sorta di catarsi, dunque…
Con il teatro è sempre così: ogni personaggio ha qualcosa che ci appartiene e di cui ci si vuole liberare.

Parliamo ora della scenografia: è essenziale?
Sì, abbiamo optato per una pedana di legno inclinata: lo spettacolo è ambientato in una baracca in mezzo a un bosco, che diventa anche un ring dove uomo e donna lottano. Insomma, volevamo dare l’immagine di uno spazio dove si scontrano amore e guerra.

Perché i ragazzi dovrebbero venire a vedere questo spettacolo?
Credo che oggi uomo e donna abbiano sempre più difficoltà a riconoscersi e si scontrano. Chiunque abbia avuto un’esperienza amorosa, soprattutto nell’adolescenza, età in cui questa guerra ha le sue basi, in cui ci definiamo come uomini e donne, potrà ritrovarsi in questo spettacolo.

Cosa significa per te il teatro?
Per me il teatro è un’opportunità, un’occasione per migliorarci. È un’arte collettiva, che si fa insieme agli altri e che si espone a una comunità. E ad ogni spettacolo è diverso. In questo senso è qualcosa di unico e speciale che lo rende ancora più prezioso, magico.
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