Don’t forget ‘93” si legge inciso su una pietra a Mostar, bellissima città in Bosnia colpita duramente dal conflitto che vent’anni fa scosse i Balcani. Forse proprio raccogliendo questo invito il giovane regista Giovanni Virgilio ha deciso di raccontare quel conlitto in un ilm – La bugia bianca – con un punto di vista inedito: quello di Veronika, una giovane donna vittima, indirettamente, di quella terribile guerra. Spiega Virgilio: «Nonostante simili atrocità siano avvenute a pochi chilometri di distanza dal nostro Paese, la memoria collettiva è ancora troppo debole. Nelle scuole il tema non viene affrontato nel modo corretto. Anzi, spesso non viene proprio nominato, ed è per questo che le generazioni più giovani lo ignorano. Lo scontro armato in Bosnia non è terminato e le violenze quotidiane continuano a caratterizzare
la vita del posto: noi abbiamo contattato varie donne bosniache che ci hanno confermato questa situazione. Eppure qui da noi non se ne parla, si preferisce il silenzio, oscurando così una zona d’Europa che ha voglia e bisogno di riscatto». Con questo il film si tenta di illuminare questa storia: utilizzando un mezzo di comunicazione più diretto e immediato come il cinema, l’obiettivo è quello di coinvolgere proprio i ragazzi dell’età di Veronika, che possono in parte rispecchiarsi, perché vivono situazioni simili: l’amore, la passione per la musica, la ricerca della verità. La protagonista del ilm, come dice il titolo, è vittima inconsapevole di una bugia bianca, un’omissione che sua madre le ha fatto da quando è nata per proteggerla e che riporta alla guerra di vent’anni prima e alle atroci violenze fisiche cui sono state sottoposte molte donne. Un atteggiamento
che non è poi così diverso da quello che troviamo nel nostro Paese: «Le bugie bianche sono diffuse all’interno dei nostri contesti familiari e a volte impediscono di proteggere le donne dalle continue violenze fisiche, ma soprattutto psicologiche, di cui sono vittime. Il silenzio e la vergogna hanno il sopravvento», continua Virgilio. La sfida del regista, dunque, è quella di raccontare sì la violenza, il male, ma senza alcun compiacimento o celebrazione, anche involontaria, cui assistiamo talvolta in ilm e serie tv. Tecnicamente, il lungometraggio strizza l’occhio alla televisione, proprio con l’intenzione di portare il pubblico delle fiction al cinema, a farlo riflettere e non a sorridere, a vedere non storie incentrate sulla violenza, ma sul suo superamento. Qui a fare da protagonista è la forza del cambiamento. Spiega Virgilio: «Veronika è l’incarnazione della forza delle donne bosniache. Donne che vent’anni fa portavano 150 kg di farina in ginocchio, attraverso un tunnel 100 metri. Oggi, a vent’anni di distanza, Veronika prende in mano la sua vita attraverso la cultura (studia il violoncello, ndr). Nonostante gli adulti siano sempre convinti di essere un passo avanti ai giovani, anche solo per l’età, questo personaggio ci ricorda che chiunque ha qualcosa da insegnare. Veronika è alla continua ricerca della cultura, della verità che la sua famiglia le ha nascosto per così tanto tempo». Veronika è la dimostrazione che con la volontà le cose possono cambiare, ma che prima di tutto è nostro diritto essere consapevoli della realtà, di ciò che è stato.
«Girando il ilm – racconta il regista – mi sono reso conto ancora di più che il mondo che ci circonda oggi, caratterizzato dal denaro e dalla facilità con cui siamo abituati ad ottenere qualsiasi cosa, non ci permette di imparare dai nostri errori. Le atrocità e le violenze non sono ancora terminate e puntualmente assistiamo a nuove forme di sofferenza che tendono a riproporre in continuazione sempre gli stessi schemi. Nel ilm usiamo immagini di repertorio che avevamo in esclusiva: sembra di vedere le scene di oggi». Stessi schemi, stessi errori: pensiamo alle migliaia di persone che oggi proprio risalendo i Balcani cercano una vita migliore in Europa e trovano il muro di ilo spinato voluto dal premier ungherese Orbán. Ciò significa che le riflessioni su tematiche così importanti non sono mai eccessive. In questo senso, è positivo il riscontro che La bugia bianca ha avuto anche nel mondo politico. Lo scorso marzo il ilm è stato presentato al Senato, in occasione del ventennale dalla fine della guerra. Il senatore Aldo di Biagio ha commentato così: «Un elemento a mio parere molto interessante del ilm è la capacità di riproporre un tema così importante in una chiave di lettura alternativa. Da un lato, consente un’immedesimazione fondata proprio sull’emergere di una progressiva consapevolezza del problema, con la freschezza della lente di alcuni giovani del ventunesimo secolo. Dall’altro, dato ancora più interessante, il il film analizza il riverbero sociale ancor più del portato storico dell’evento. Insomma, una riflessione su quello che è stato uno dei passaggi oscuri della storia recente dell’Europa, affinché l’Europa stessa ampli quella consapevolezza di sé che fatica ancora ad acquisire. Una consapevolezza che si basa su una memoria storica completa e che rappresenta il primo passaggio indispensabile per quella rinascita che si invoca da più parti».
Una rilessione che non passa attraverso un racconto di violenza, ma una storia di speranza e rinascita. Ne sono convinti tutti i ragazzi che hanno collaborato alla realizzazione del ilm e anche la comunità bosniaca, che ha ringraziato il regista di aver fatto inalmente vedere la rinascita e non la distruzione di questo Paese. La Bosnia è terra di cultura, di arte, e non deve essere ricordata solo per quel terribile conlitto. Conclude Virgilio: «Non è necessario possedere grandi quantità di denaro per realizzare qualcosa. Il nostro ilm è totalmente indipendente: i fondi a disposizione erano pochi, ma grazie alla buona volontà e all’impegno costante di 54 ragazzi come me si è riusciti a creare qualcosa di innovativo e unico. Un gruppo che non inirò mai di ringraziare, da Erica Mou, che ha scritto la canzone omonima del ilm, al coproduttore Gianluca Enria, che ha investito personalmente nel progetto, a tutti gli altri. Non abbiamo cercato il successo facile con una commedia, abbiamo scelto di fare cultura. E soprattutto abbiamo dimostrato che c’è una Bosnia in grado di rialzarsi, di ricominciare. A partire dai giovani».