In Game Therapy sei Federico. Qual è il suo ruolo nella storia? Federico è il fratello maggiore di Clapis, il fratello con i piedi per terra. Ha 25 anni, una carriera avviata – è insegnante di yoga all’estero – e fa un po’ da grillo parlante a Giovanni (Clapis, ndr): gli fa capire che oltre ai videogiochi esiste una vita a cui lui
non sta dando importanza.
E nella vita sei così? Assolutamente no! A me servirebbe uno come il personaggio che interpreto. Passo ogni giorno quattro ore a giocare, sono un vero nerd!
Nel film converge il lavoro di un regista americano e quello di quattro giovani youtubers. Com’è stato cimentarsi con il cinema? È stata una bellissima esperienza, certo un po’ difficile. Noi siamo indipendenti e autonomi, scriviamo, registriamo, interpretiamo e montiamo tutto da soli, non siamo abituati a “prendere ordini”. A parte questo, però, mi ha fatto crescere tantissimo: passare dalla cameretta al grande schermo mi ha fatto capire che davvero questo è il lavoro che vorrei fare nella mia vita, che è poi quello per cui ho studiato.
Nel film i due protagonisti scoprono il modo per “entrare” in un videogioco dove possono avere tutte quelle qualità che mancano loro nella vita reale. È questa la “terapia”? Game therapy è una grande metafora. Tanti di noi passano troppo tempo davanti al pc, tempo in cui si potrebbero fare attività più interessanti. Bisogna dare importanza alle cose concrete, pensare alla vita reale, piuttosto crearsi un alibi in quella virtuale.
Oggi molti giovani sono immersi nella realtà parallela dei social network: cosa pensi dell’abuso di questi strumenti? Credo che da grandi poteri derivino grandi responsabilità. Io non potrei mai parlarne male perché mi hanno dato il lavoro: sono miniere d’oro gratuite, ma bisogna saperle utilizzare e non subirle.
Sei tu che crei tendenza o è il pubblico a influenzarti? Ascolto sempre il mio pubblico, che però in realtà mi chiede sempre di fare qualcosa di mio che ha già visto, qualcosa che io li ho abituati a vedere. In questo senso posso dire che faccio tendenza.
Ritieni che sia difficile non rispondere alle sole voglie d’intrattenimento del pubblico e porsi come stimolo alla riflessione per tutti i giovani che vi seguono? In realtà lo faccio molto spesso: faccio divertire, ma se serve sono la prima persona ad impegnarsi a trattare temi seri con un po’ di ironia. E il fatto che questi video siano apprezzati come gli altri è secondo me un dato positivo.
Consiglieresti a tutti di usare Youtube come piattaforma di lancio? Lo consiglierei a chiunque: tutte le persone ora hanno gli occhi puntati sul web. L’unico consiglio è quello di fare qualcosa di innovativo, perché ormai tutti fanno le stesse cose. L’importante, in ogni caso, è divertirti: se fai qualcosa che ti piace nel bene o nel male avrà riscontro, perché è spontaneo e le persone lo percepiscono.
Cosa rispondi ai detrattori? Nonostante nel sottobosco di Youtube ci siano artisti molto meritevoli, poi in homepage ci vanno i video stupidi che hanno tante visualizzazioni. Questo porta ad una banalizzazione secondo cui gli youtubers sono tutti creatori del nulla, e poi capita che uno come Maurizio Crozza faccia una parodia di Frank Matano mettendo in ridicolo tutto questo mondo. Questo mi dispiace, perché per molti, moltissimi che hanno visibilità per non fare nulla, ce ne sono altrettanti di talento, che hanno studiato e usano questo mezzo come vetrina.