Cinema e Teatro
Dal mito alla persona
Straordinaria normalità
La forza e la determinazione del premio Nobel per la pace Malala Yousafzai sapientemente descritte in un film documentario: per capire davvero come tutti possiamo cambiare il mondo
Claudia Rizzo | 29 gennaio 2016

Quando si va a vedere un film su un personaggio simbolo come Malala Yousafzai, ci si aspetterebbe un colossal hollywoodiano dalle forti note drammatiche. Ma non è questo il caso di Malala (titolo originale He named me Malala), un documentario uscito al cinema nel novembre 2015 e proposto alle scuole per tutto l’anno scolastico 2015/2016. Il regista premio Oscar David Guggenheim, insieme ai produttori Walter Parks e Laurie MacDonald, ha trascorso 18 mesi a stretto contatto con la famiglia di Malala a Birmingham, e si è subito reso conto che nessuna attrice avrebbe potuto interpretare la storia straordinaria della più giovane vincitrice di un Premio Nobel per la Pace se non la stessa Malala, con il suo sorriso dolce da diciottenne e le sue parole taglienti che hanno scosso il mondo intero. Così Malala è diventato un ritratto intimo e personale che ha voluto svelare la quotidianità dietro al mito, la vita familiare e da “normale” adolescente di una donna che ha avuto il coraggio di mettere la sua vita al servizio di una causa più grande: l’istruzione femminile.
Tutto inizia nel 2012, quando durante un attacco terroristico talebano l’adolescente Malala viene colpita da un proiettile al sopracciglio, mentre è su uno scuolabus con le sue amiche. A soli 15 anni si ritrova vittima della tragica realtà del suo Paese, il Pakistan. Ma la sua lotta era già iniziata da tempo, quando nel 2009 aveva cominciato a scrivere un audace, anonimo blog per la BBC esprimendo le sue vedute sull’istruzione e documentando la vita nella valle dello Swat, dove i talebani avevano bandito la musica e la televisione, vietato alle donne di uscire di casa e proibito alle ragazze di andare a scuola.

È questa la battaglia che Malala continua a combattere, nonostante le minacce, nonostante il suo bisogno di cure mediche che la costringe ad abbandonare il suo Paese e a trasferirsi a Birmingham, senza mai interrompere l’impegno politico che la porta a parlare davanti ai maggiori capi di Stato.
Con le sue parole ha ispirato le ragazze di tutto il mondo ad alzare la voce per i propri diritti e attraverso il Fondo Malala ha collaborato con moltissimi Paesi per promuovere e incentivare l’istruzione superiore per le ragazze. Nel 2014 il suo straordinario impegno è stato riconosciuto con il Premio Nobel per la Pace, a soli 17 anni.
Malala racconta la storia di una passione e di un coraggio fuori dal comune, attraverso gli occhi della protagonista, indagando la sua vita e cercando di svelare come questa forza abbia trovato spazio nel suo animo così giovane. Per Guggenheim la risposta sta nella sua famiglia: il documentario ci porta a casa Yousafzai, alla scoperta del meraviglioso rapporto di Malala con sua madre e con suo padre, che per primi le hanno trasmesso il valore della giustizia e non hanno mai smesso di sostenerla. A partire dal giorno in cui le hanno dato il nome dii Malala di Maiwand, un’attivista che nella guerra contro gli inglesi in Afghanistan era morta mentre incoraggiava i soldati e aiutava i feriti. Un documentario che punta sulla semplicità della vita di un’adolescente straordinaria, per insegnare agli studenti di tutto il mondo che, con le parole di Malala, “un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.

 

Commenti