Cinema e Teatro
COMMEDIA
Ridere delle proprie paure significa cominciare a vincerle
Il tentativo di ricreare un presepe vivente senza Gesù bambino, ormai adolescente, un lama al posto del bue, un ramadan cristiano, una madonna buddista. Cosa ci dice questo sulla religione? Luca Miniero, regista di “Non c’è più religione”, ci racconta un
Gaia Ravazzi | 23 novembre 2016

Che fine ha fatto la religione? Qual è il ruolo della religione all’interno del film? La religione nel film è sullo sfondo però è uno sfondo importante, è un elemento di divisione ma anche di unione tra i vari personaggi. Fondamentalmente viene un po’ presa in giro, solo per far emergere una forte umanità, spiritualità. Forse vengono colpite le parti più false della religione però le parti più umane sono quelle che emergono maggiormente.
Possiamo considerarla una parabola del cambiamento della nostra società? Sicuramente la nostra società è fondata molto sulla religione, iconicamente viene raccontato in questo film il conflitto tra le varie religioni, fra persone che hanno una differenza profonda soprattutto sull’amicizia, che sono in conflitto per motivi privati più che religiosi.
Cosa la spinge a scegliere sempre location particolari, non grandi città, come in questo caso girando il film in Puglia? Mi interessa molto, anche comicamente, rappresentare persone che non sono sotto i riflettori della moda: piccoli paesi, una periferia geografica, posti bellissimi ma non sfruttati soltanto dal turismo. In questo caso sono le Tremiti, posto splendido che fa da cornice a questo film ambientato anche su monte Sant’Angelo e il Gargano.
Qual è il successo di una commedia di successo? Io non credo ci sia una ricetta per fare una commedia di successo. Penso ci siano molti elementi che non possano essere calcolati. È davvero molto importante che piaccia a me, cerco di farlo piacere a me, in questo caso mi piace molto, a volte mi piacciono soltanto alcune parti, il finale, l’inizio. Talvolta ha successo anche grazie al casting, però, anche rispetto ad ingredienti non facilmente calcolabili. Un film va considerato come impegno, lavoro e necessità di andare oltre le soluzioni più scontate, ma tutto questo non basta per essere certi di avere successo.
A proposito di casting, lei lavora da tempo con Claudio Bisio e Angela Finocchiaro, come è stato, invece, lavorare con Alessandro Gassmann? Alessandro l’ho apprezzato particolarmente come attore, è capace di fare sia la parte sentimentale, emotiva, di essere un grande attore drammatico, un bravo regista, sia teatrale e che cinematografico, ma anche un grande attore comico. Qui svolge una funzione comica e devo dire che eccelle.
Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere ai giovani? Il messaggio che riguarda un po’ tutti i film che ho fatto fino a questo momento è questo: si può ridere anche delle nostre paure. Ridere delle nostre paure rende, non preoccuparsi del giudizio dell’altro, della differenza o della diversità. Se uno ride delle proprie paure poi riesce a stare bene insieme agli altri.

 

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