Il posto che mi è rimasto più nel cuore? Le isole Svalbard, un arcipelago del mare Glaciale Artico. Valentina Tamborra è una fotografa, si occupa principalmente di reportage e ritratto. Il suo ultimo lavoro è un viaggio fotografico «alla scoperta dell’ultimo confine», le isole Svalbard appunto, in mostra ad aprile a Milano.
Cosa ti ha colpito di più di questi luoghi che tu definisci inospitali?
Sono le terre abitate più a nord del pianeta, detto questo, la luce lì è assoluta, pura. Mai ho visto una luce così, neanche in Africa. E poi lì ho imparato cosa significa davvero il silenzio, un silenzio diverso da quello che c’è anche nel deserto. Ho potuto sentire il ghiaccio scricchiolare.
Chi vive in questi luoghi?
Un’umanità complessa e stratificata: 2200 persone di 43 nazioni differenti che hanno trovato un equilibrio perfetto. Perché dove domina la natura non c’è spazio per la guerra. Pensate che c’è un’unica chiesa che serve per tutti i culti. Le isole godono di un trattato autonomo che permette di trasferirsi lì senza visto.
Qual è il luogo che invece ti ha più colpito culturalmente?
Il campo profughi di Lesbo. Un campo di transitano per duemila persone che quando l’ho visitato io 2 anni fa ne ospitava seimila. Tante culture diverse costrette a vivere in uno spazio davvero ridotto. Purtroppo in condizioni terrificanti.
Perché le definisci così?
Perché è un lager. Un solo medico interno per seimila persone, neanche un bagno nel senso proprio del termine, ma qualche latrina. Latrine che le donne non vogliono e non possono frequentare. E per questo molte di loro si sono dovute organizzare e riabituare a fare la pipì addosso con l’aiuto di pannoloni. Tende canadesi che ospitavano cinque persone che si riscaldano bruciando carta, gomma, qualsiasi cosa. Cinque persone sono morte per freddo in quel periodo, perché a Lesbo, di inverno, può anche nevicare. E poi ancora, politiche di rimpatrio non chiare, interviste per accertare lo status di rifugiato fatte anche dopo mesi. Un signore dello Sri Lanka è stato nel campo per 22 mesi, ma il campo è uno di quelli cosiddetti di transito! Una volta un ragazzo mi ha detto una cosa che dovrebbe farci riflettere tutti: l’umanità in Europa è una grande bugia. Perché ricordate, Lesbo è Europa.
Sei stata anche in Africa…
Sì, ad esempio a Nairobi, dove ho raccontato la storia dei chokra, i bambini che vivono tra le baraccopoli e la discarica di Dandora. Un luogo di miseria e desolazione a una decina di chilometri dalla capitale del Kenia. La pattumiera più grande di tutta l’Africa orientale: i bambini vivono dei rifiuti e vengono considerati loro stessi dei rifiuti, tanto che in swahili “chokra” vuol dire spazzatura. Vendono quei rifiuti per comprare beni di prima necessità e la colla, che sniffata non ti fa sentire né freddo né fame. Eppure imparano la rinascita: riciclano quella spazzatura e costruiscono strumenti musicali da quei rifiuti.