L’amore ha affascinato e posto interrogativi a scrittori, filosofi e artisti di ogni epoca; ancora oggi intere generazioni di adolescenti continuano a meditarvi tra piacere e dolore. Giuseppe Pulina, docente di storia e filosofia al liceo G.M. Dettori di Tempio Pausania e di antropologia filosofica all’Istituto Euromediterraneo - ISSR di Tempio Pausania, ha deciso di indagare i meandri più o meno nascosti del cuore con il suo saggio Rigor Cordis. Per una filosofia del cuore, pubblicato nel 2013 dalla casa editrice Zona, con cui - come l’autore stesso, nonché mio professore, afferma - ha provato ad analizzare la “dimensione cardiaca della vita”.
Rigor Cordis, una filosofia del cuore. Cosa si intende, in ambito filosofico, quando si parla di cuore?
In realtà, è raro che in filosofia si parli di cuore: eccezion fatta per sant’Agostino, il primo filosofo che ha iniziato a indagare l’argomento è stato Pascal, che si serve del cuore per sostenere i diritti dello “spirito di finezza” e redarguire la razionalità dei cartesiani. La sua celebre frase “il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” la troviamo nei cioccolatini da regalare per il giorno di San Valentino, ma non ha assolutamente nulla di sdolcinato. Pascal non vuole elargirci una verità edulcorata. Insiste, piuttosto, su un possibile antagonismo tra cuore e ragione, il cui esito positivo non sarebbe da assegnare a tavolino alla ragione. Questa dovrebbe, semmai, fare sue le rimostranze al cuore, organo di una profondità inaccessibile alla ragione. Da Pascal in poi è più facile che si parli di cuore in ambito filosofico: penso, ad esempio, a Roberta De Monticelli.
L’amore è una tematica centrale nelle materie umanistiche. Perché è così importante parlarne a scuola?
Forse non bisognerebbe parlare dell’amore. La strada da seguire dovrebbe essere, invece, chiedersi se quello che facciamo, quello di cui sentiamo il bisogno, quello che rivendichiamo come un diritto negato sia davvero amore. Ciò che Rigor Cordis chiede di fare è proprio di non trasformare l’amore in un cliché letterario o, peggio ancora, in un modulo didattico.
Il suo libro si concentra proprio su questa dicotomia cuore/ragione. Lei da che parte sta?
Guardando alla storia, possiamo dire che sia stata una disputa facilmente vinta dalla ragione, ma la questione, direi, non è questa. L’età in cui la ragione ha duramente colpito il cuore è stata la prima modernità, vale a dire quel periodo esaltante per tutto l’Occidente che comprende la rivoluzione scientifica e l’affermazione del cartesianesimo, filosofia che fa della coscienza riflessa il perno di una nuova visione della realtà.
Non solo cuore ragione, ma anche “fegato/cuore”…
Nel libro ho inserito una mia personale e discutibilissima rivisitazione dell’epilogo del mito di Prometeo, che, punito per la sua trasgressione, è costretto a subire una pena senza fine, degna dell’Inferno dantesco. A venire lacerato di continuo è il fegato e non il cuore, perché la favoletta, che ho raccontato nell’opera, voleva fare del cuore un pezzo unico, una sorta di insostituibile scatola nera del nostro essere persona. Ma, come può scoprire chi va avanti nella lettura del libro, non è sempre così.