Lo scienziato youtuber Barbascura X è il Capitano di una “ciurma” di oltre 400mila iscritti. Inizia nel 2014, con brevi video comici e satirici, per poi consacrarsi a partire dal 2016 con i due format di punta del canale, riuscendo a portare nuovi contenuti sul web e mantenendo sempre vivo l’intrattenimento.
Cercando il tuo nome, la prima occupazione che vediamo è “artista musicale” e in effetti ci hai abituati alle tue performance anche su YouTube. Ma chi è Barbascura nello specifico? Qual è l’aspetto del tuo lavoro che ti piace di più?
È un casino, detesto le etichette. Identificarsi in qualcosa significa che automaticamente non sei qualcos’altro ed è estremamente antipatico. So che sono una persona molto confusa, che non ha mai saputo cosa volesse fare da grande e in effetti non lo so tuttora. Continuo a fare quel che mi piace, nel momento storico in cui vivo. Quando ero piccolo sognavo di diventare un musicista, un cantautore, scrivevo e suonavo mentre studiavo chimica. Poi durante gli studi mi sono approcciato al videomaking, senza aspettative. Facendolo ho iniziato a sfogarmi artisticamente finché non ho trovato qualcosa che mi rappresentasse a pieno: video divulgativi e spettacoli teatrali, principalmente.
Il tuo video più visto è “Mi sono imbucato al convegno terrapiattista”. Da dove nasce l’idea di andare a quel convegno e perché pensi che la gente sia propensa a cadere nelle fake news, soprattutto a livello scientifico?
È stato totalmente un caso. Ero in tour e mi trovavo in Sicilia, il convegno sarebbe stato a Palermo, ma non avevo intenzione di andare. Era precisamente nel giorno libero tra due spettacoli e quindi ho pensato “vabbè, andiamoci”. Non avevo nemmeno gli strumenti, le riprese le ho fatte con una piccola GoPro, ho fatto una live su Instagram: il video che è venuto alla fine era montato da diverse fonti. Ci ho messo tantissimo a montarlo, durava 40 minuti e pensavo di non pubblicarlo sul canale principale: mi ero convinto che fosse noioso, ma ci avevo lavorato così tanto tempo che ho deciso di caricarlo. Non mi aspettavo che facesse questo successo. Non credo che questo sia l’esempio ideale per parlare di fake news, non credevano neanche loro a quello che dicevano al convegno. C’erano tre persone completamente diverse, con tre posizioni differenti, unite solo da un discorso: “Non ci dicono le cose, la Terra è piatta ed esistono i complotti”. Sono dispiaciuto perché, nel periodo che abbiamo vissuto, le fake news hanno assunto una connotazione più importante. La gente aveva paura del Coronavirus quindi si documentava, ma molto spesso non facendo attenzione alle fonti, oppure parlando troppo con amici altrettanto poco preparati, con idee malsane, non controllando se fossero vere o meno. È stato un periodo abbastanza difficile.
Il rapporto con la scienza e le materie scientifiche spesso non è idilliaco per gli studenti. Credi che ci sia uno sbaglio nell’approccio? Come si potrebbe migliorare la didattica?
Metodologie per migliorare la didattica ovviamente ce ne sono. Il problema è che la materia scientifica è quella, non è una cosa assurda se a qualcuno non piace. Il problema spesso è che non si fanno piacere o si fanno odiare. Io stesso mi sono trovato ad odiare la matematica, nonostante la adorassi: il professore ne aveva svuotato il senso, aveva depersonalizzato troppo la materia. Alle superiori la nostra lavagna era piena di simboli, una cosa molto astrusa e astratta. Altri corsi che ho seguito, avevano l’applicazione pratica delle stesse regole e degli stessi teoremi, ma con una terminologia più moderna e accattivante, più immediata. Penso che le cose stiano cambiando, ma non mi sorprenderebbe se ci fosse qualcuno che prova ancora a renderle più difficili.
“Il genio non esiste (e a volte è un idiota)”: il libro è stato in tendenza già a partire dal preordine: qual è l’obiettivo che avevi, cosa hai voluto trasmettere? Nasce come monologo teatrale-spettacolo di stand up, perché hai deciso di passarlo su carta?
La decisione deriva dal fatto che il monologo teatrale era limitato per via del tempo: non potevo raccontare tutto quello che volevo. Gli spettacoli duravano più di due ore e ho dovuto comunque tagliare molte parti. Il libro può essere uno strumento perfetto per espandere questo concetto. Permetteva anche a tutte le persone che mi avrebbero scoperto in futuro, o che non hanno potuto assistere a teatro, di recuperare lo spettacolo. Il mio obiettivo era semplicemente questo: dimostrare che non esistono i geni così come ci vengono presentati, cervelloni che nascono totali e danno tutto per garantito, non è così che funziona. Tutte le vite di spicco hanno delle peculiarità, dei momenti che hanno permesso loro di rischiare. Anche loro hanno fatto errori, hanno detto cose non vere, hanno avuto colpi di fortuna. Non c’è nessuna persona super-intelligente che può fare cose incredibili da solo. Ora, dopo quest’interruzione, quando tornerò in tour sarà con uno spettacolo diverso, nuovo, quindi la pubblicazione del libro ha ancora più valore.
“Scienza brutta” è probabilmente il tuo format di punta. Quando hai iniziato avevi già in mente il tipo di linguaggio e approccio alla scienza che usi? Pensavi che avrebbe riscosso tutto questo successo?
Io non avevo in mente niente, non inizio mai sapendo perfettamente come andrà. Inizialmente gli iscritti al canale erano lì principalmente per un altro format, “Riassuntazzo brutto brutto”. Quando ho iniziato “Scienza brutta” c’erano molte meno visualizzazioni e io non sapevo se quel video sarebbe piaciuto, perché c’ero solamente io che parlavo davanti alla videocamera. Dopo aver pubblicato il primo video ho scoperto che ero io in primis ad essermi divertito a fare quella cosa, che mi piaceva, che l’avrei guardata anche più volentieri. Quindi ho voluto continuare, anche se il primo video non era andato alla grande. Dissi: “non me ne frega niente, questo è quello che voglio fare, è quello che mi piace e secondo me questa cosa può piacere anche agli altri”. Non è stato nulla di previsto oppure organizzato, infatti i video sono tutti diversi, non esiste una scaletta fissa. Faccio quello che secondo me è la cosa più bella, più mia, la cosa ideale e che mi va di fare in quel momento, poi il resto viene da sé.