L'IIS "A. Avogadro" è uno dei 28 Poli regionali previsti dall'iniziativa Future Labs, dedicato alla formazione del personale scolastico sulla transizione digitale della scuola e sull'adozione di un modello integrato unico di insegnamento per tutte le scuole. L'iniziativa fa parte di Futura - La scuola per l'Italia di domani, cornice del PNRR italiano. Il realatore del percorso formativo Media literacy in classe: fonti digitali, notizie false, immagini manipolate, Nicola Bruno, ci parla oggi di questa importante iniziativa per formare il futuro:
Incominciamo con una domanda di carattere generale. Qual è secondo lei il ruolo della media literacy nella società della digitalizzazione?
La media literacy esiste da prima dell'avvento del digitale. Già con il diffondersi dei media di massa come televisione, radio, giornale si è sentito il bisogno di fornire ai cittadini gli strumenti per capire come funzionano i media e come decriptare i messaggi in maniera critica, soprattutto in un'ottica di editare i tentativi di propaganda e manipolazione. Questa mission della media literacy si è rinvigorita con l'arrivo dei media digitali, che da semplici fruitori ci hanno reso produttori, distributori e amplificatori di messaggi determinando un nuovo setting. Si pone dunque un doppio tema: da una parte il sapersi informare correttamente e saper interpretare questo nuovo sistema informativo in cui siamo calati; dall'altra parte responsabilizzarsi quando si fanno azioni più proattive, come la creazione e la condivisione di contenuti online. Il tutto in uno scenario sempre più complicato in cui intervengono soggetti anche non umani, come algoritmi, IA e via dicendo.
Cosa potranno apprendere gli insegnanti attraverso il percorso formativo da lei coordinato? Quali le maggiori competenze mediatiche da acquisire? Quali i metodi di lavoro che includano la tecnologia e la abilitino dentro il mondo della scuola?
I docenti sono un elemento chiave, i cosiddetti moltiplicatori, così denominati perché ci permettono di moltiplicare il nostro approccio. Facendo leva sui docenti infatti si possono raggiungere più studenti. Nel caso dell'IIS "A. Avogadro" abbiamo eseguito un percorso ad hoc sulle esigenze del PNRR e di Scuola Futura, progettando un percorso formativo di alfabetizzazione che fosso molto accessibile. Il metodo di formazione utilizzato è quello blended learning, dotato di una parte di flipped classroom con la possibilità per i docenti di accedere ad una piattaforma online di Open the Box dove i docenti vanno e trovano una serie di risorse interattive e multimediali su svariati argomenti - fonti, notizie false, immagini manipolate - provvisti di video, quiz e attività da fare in autonomia online. Dopo aver acquisito la teoria, per ognuno di questi corsi è previsto un corso pratico, interattivo, dove viene simulata una lezione a ruoli invertiti. L'obiettivo non è tanto di formazione, quanto di creare insieme ai docenti un' Unità Didattica di Apprendimento (UDA) sui temi della media literacy da adattare a tutte le materie di insegnamento, dato che tutti i docenti insegnano materie diverse.
Lei è co-fondatore e Head of Product dell'azienda Dataninja, e in particolare è responsabile del progetto Open the Box, per la diffusione della media e data literacy nella scuola italiana. Quali sono i procedimenti più efficaci da insegnare ai ragazzi per contrastare le fake news ed effettuare una corretta analisi e la validazione delle fonti digitali (soprattutto nell'ambito dei social media, dato che rappresentano il canale di informazione più utilizzato dalle nuove generazioni)? Quali i criteri per informarsi in maniera più consapevole?
Il nostro metodo è di acquisire prima di tutto il pensiero critico, e quindi capacità di analizzare e decriptare i messaggi che ci sono online in qualsiasi formato, quindi non solo testo, ma anche immagini, video, meme e grafici. Per tutte queste tipologie di contenuti noi proponiamo una metodologia basata su un metodo che si chiama TAG - ovvero Trova la fonte, Analizza il contenuto e Guardati intorno - che è un metodo mutuato dallo Stanford History Education Group che insegna a risalire alla fonte originaria, ad analizzare il contenuto della stessa e a guardarsi sempre intorno, abituandosi al cosiddetto lateral reading. In secondo luogo è bene sviluppare la parte creativa dei ragazzi, incentivando la creazione di immagini, meme, stories e altri contenuti che siano responsabili, che non offendano e di cui si conosca il significato.
Computer, tablet, la LIM e la rete sono divenuti elementi abituali della pratica didattica, strumenti atti a potenziare l’offerta formativa e valorizzare la dimensione sociale dell’apprendimento. Questo significa che la forma tradizionale di insegnamento è ormai superata o si tratterà invece di una necessaria convivenza?
Si tratterà di un'integrazione. C'è stato un cambiamento nel modo attraverso cui i giovani accedono all'informazione e va proposta una modalità integrata dove bisogna sapere inserire nella progettazione didattica tutte le tecnologie disponibili nella maniera che funziona meglio per la classe che si ha di fronte. Cambiando l'ambiente tecnologico in cui siamo immersi, cambia anche il modo di processare la conoscenza. Il punto vero è che gli studenti usano lo smartphone non solo per giocare o chattare tra di loro, ma per approfondire, trovare informazioni e fare i compiti. Quindi è inevitabile saper usare le fonti online. Un grosso gap c'è anche a livello di docenti; spesso sono spaventati perché non hanno le competenze giuste per trovare fonti affidabili online.
Il PNRR, e di conseguenza gli investimenti della missione Istruzione e ricerca - come Scuola 4.0 e l'investimento sulla didattica digitale integrata -, sono l'occasione giusta per dare una svolta decisiva al sistema di istruzione italiano, tale da permettere finalmente la completa digitalizzazione della didattica?
Il PNRR è il più grosso investimento formativo che c'è sulla scuola e quindi non possiamo che essere contenti. Sicuramente è una grandissima occasione per colmare questo gap di competenze che nella scuola italiana è più forte che altrove. Le prime uscite non ci sono sembrate il massimo dal nostro punto di vista, a causa di molti bandi fatti dalle scuole che prevedevano singoli formatori o singoli esperti. Molte scuole legate al PNRR per altro richiedevano formazione live, un formato troppo tradizionale, lontano dal nostro modello di blended learning. Infine altro elemento un po' critico è stato il bando Scuola 4.0, su cui abbiamo riscontrato alcuni problemi, trovando delle scuole che avevano ricevuto dei fondi, ma che non hanno potuto usarli con noi perché non era prevista in nessun modo la formazione. La Scuola 4.0, infatti, riempie le aule di robot, schermi, plasma e via dicendo, senza però che i docenti possano essere effettivamente formati su quelle tecnologie. Si rischia dunque in questo modo di riempire le scuole di tecnologia inutilizzabile. La tecnologia infatti non deve essere il fine della scuola digitale, ma uno strumento; il fine ultimo è quello di rendere la scuola in grado di integrare tecnologie. Se non si effettua uno sforzo formativo efficiente tutta questa svolta del PNRR potrebbe rivelarsi anche inefficace. Speriamo dunque che si superino questi approcci un po' troppo tecnologici e si sappia fare una vera rivoluzione anche culturale.