Federica Iezzi è una chirurga pediatrica di Medici Senza Frontiere appena tornata da Gaza, dove è stata 11 volte e dove tornerà questo mese nonostante i tentativi di Israele di non farla partire negandole più volte gli accessi. Lavora metà anno in Italia e metà anno in missioni umanitarie. Negli ultimi 10 anni ha lavorato in tutti i contesti di guerra: oltre a Gaza, in Siria, Libia, Yemen, Somalia e ancora altri.
Come sei diventato medico in contesti di guerra?
Sin da quando ero piccola e mi chiedevano che lavoro avrei fatto da grande, dicevo che avrei voluto curare al cuore i bambini in Africa. Ho sempre fatto azioni umanitarie, sin da quando avevo 19 anni e sono partita per il Burkina Faso al primo anno di medicina.
Hai vissuto tantissime guerre. È vero che Gaza è diversa?
Uso un’altra parola che è ancora più grave: è senza precedenti. Ogni guerra è diversa ma in questo caso si è perso il concetto di diritto umanitario internazionale. Non c’è alcun rispetto per i civili, i rifugiati, i feriti. Perché mai un paese dovrebbe rispettare le regole se oggi Israele non le rispetta? Si è creato un grandissimo precedente perché parliamo di una guerra genocida. Ed è senza precedenti anche per la gamma di ferite cui si assiste: io qui vedo bambini colpiti con colpi di precisione a testa e collo. E non parliamo di casi isolati: ne arrivano 4 al giorno tutti i giorni colpiti da proiettili che causano un foro di ingresso ma non di uscita. Questi proiettili esplodono dentro il corpo dei bambini. È una guerra che non ha rispetto proprio per l’umanità. E non è vero che non si può fare nulla: in Sudafrica per esempio, per contrastare il regime di Apartheid, l’Organizzazione della Nazioni Unite ha bannato il pae- se per anni e, anche una volta risolto il problema, c’è stata una rivalutazione e poi un reintegro. Questo è un metodo da utilizzare: se ad un’azione criminale non corrisponde una punizione, non ci sarà mai giustizia. Sanzioni e rottura dei legami economici e finanziari sono delle soluzioni da mettere in atto.
Hai usato la parola genocidio. Perché?
Perché c’è un’indiscriminazione nei bombardamenti. Non vengono rispettati né gli obiettivi civili né le proporzioni. Non c’è distinzione tra civili e militari. Sono crimini di guerra. C’è una storia che non riesci a toglierti dalla testa? Tantissime. Ma mi vengono subito in mente due fratellini arrivati nell’ospedale di Al Aqsa, nel centro della Striscia di Gaza, uno dei tre ospedali dell’intera Striscia. Amina aveva 8 anni, Fares 4. Fares chiedeva dove era Amina ma non riusciva a riconoscerla nonostante fosse nel letto di fianco, perché ricoperta di ustioni; Amina non poteva rispondere Fares perché le ustioni le avevano colpito tutto l’apparato respiratorio. A Gaza ci sono 9.000 amputati, senza protesi, futuro né possibilità di una chirurgia ricostruttiva. Non ci sono medicinali per curare le ustioni e in troppi muoiono per le condizioni igieniche. Ora si avvicina l’inverno e in migliaia vivono in tenda con l’equivalente di un nostro scarico di water al giorno (4-5 litri di acqua) co cui fare tutto. Non c’è scarico e dai rubinetti esce acqua salata.
È vero che non ci sono farmaci e anestesie?
L’ingresso dei farmaci è centellinato. MSF ha dei cargo al valico di Kerem Shalom, l’unico valico aperto. Le medicine vengono controllate una per una (non scatola per scatola, letteralmente una per una) e i controlli sono lunghissimi, mentre il volume di pazienti continua salire. Le medicine utilizzate non vengono reintegrate. Non si fanno sprechi, si cerca di utilizzare un basso volume di medicine per l’alto numero di pazienti. E quindi c’è chi viene curato meno e chi in modo giusto. La popolazione pediatrica è quella che soffre di più. Si sono fatti anche interventi chirurgici con dei surrogati degli anestetici Non si fanno sprechi si cerca di utilizzare un basso volume di medicine per l’alto numero di pazienti. E quindi c’è chi viene curato meno e chi in modo giusto. La popolazione pediatrica è quella che soffre di più. Si sono fatti anche interventi chirurgici con dei surrogati degli anestetici.
Il racconto dei media è attinente alla realtà?
Non è assolutamente all’altezza. Neppure il mio lo è: come faccio a farvi arrivare l’odore della morte che si respira a Gaza? O la paura della terra che trema a ogni bombardamento? O il ronzio dei droni 24h su 24. Non ci sono parole per descrivere il terrore negli occhi dei bambini. Non è una cosa umana. In buona parte dei media internazionali, e di quelli italiani in particolari, si sconta la confusione tra ebrei e Stato di Israele: tantissimi giornalisti parlano di Stato Ebraico, equiparando uno stato a una religione che per anni abbiamo perseguitato e nei confronti della quale c’è un forte senso di colpa. Criticare la politica di Israele non significa essere antisemiti.
Come si fa ad andare a dormire sereni nelle nostre vite ingiustamente perfette?
Io torno a Gaza. La soluzione è non fermarsi e parlarne.