Interviste
Dall'urgenza alla passione: il fumetto per Edo Massa
Gli speaker di Jolly Roger hanno intervistato il giovane fumettista
Alessandra Testori | 28 marzo 2025

Oggi ai microfoni di Jolly Roger diamo il benvenuto all’illustratore, scrittore e fumettista Edoardo Massa, tra i giovani artisti più interessanti del panorama italiano contemporaneo.

Com’è nato il fumetto Tutti autistici??

Il fumetto nasce per la volontà di Cascina Cristina, un progetto creato da Abilitiamo nell’area brianzola, in cui giovani adulti con autismo si ritrovano a convivere in una struttura che segue l’idea della community farm. Da questo progetto nasce la volontà di tante famiglie di fare una pubblicazione e raccontare com’è stato; si sono chieste: “Scriviamo un libro? Giriamo un documentario?”. E i diretti interessati, che sono tanto eccentrici quanto me, hanno pensato: “Perché non un fumetto?”. Loro, totalmente inesperti del linguaggio del fumetto, hanno pensato a chi conoscessero nell’ambito: io. Quindi sostanzialmente il libro nasce perché sono un raccomandato, dobbiamo dire la verità! Scherzi a parte, mi hanno coinvolto nel progetto e io ne ero entusiasta, quindi ho detto subito di sì. Ci abbiamo messo un bel po’ di tempo, un anno solo per trovare il coraggio, poi sei/sette mesi di lavorazione e ora abbiamo il fumetto.

Com’è nata la tua passione per il fumetto?

La passione nasce per un’urgenza: non mi sono mai trovato a fare altro se non fumetti. Ero distratto quando andavo a scuola e durante le ore di lezione disegnavo, però dovevo comunque far combaciare le due cose, quindi mi hanno consigliato di disegnare almeno qualcosa di inerente alla lezione, e questo far combaciare testo e immagine diventava un protofumetto. Poi ho fatto il liceo artistico, ho studiato grafica all’università e alla fine ho fatto la magistrale in illustrazione, imbattendomi in tantissimi fumettisti che mi piacevano. Poi ho sempre avuto una grandissima passione per Mafalda, da bambino la divoravo, e per la Pimpa, che festeggia il cinquantesimo anniversario tra un paio di giorni. Quindi sostanzialmente la passione nasce quando non riesci a fare altro, quando le mani ti tremano per volerlo fare. In me non è nemmeno nata una passione: semplicemente non ho mai smesso di disegnare.

Quali artisti ti ispirano?

Ho già citato Mafalda, ma non posso non citare anche Calvin & Hobbes che mi è piaciuto tantissimo, mentre di italiani contemporanei direi Juta, alias Simone Rastelli, che ha fatto questo ultimo fumetto Gatto Pernucci, che consiglio tantissimo; poi Andrea De Franco, anche lui mio idolo durante l’università quando l’ho conosciuto; e poi tanto fumetto olandese, Van Den Broek, Brecht Evens, e anche l’americano Robert Crumb. Tante cose abbastanza variegate, tutte graphic novel autoconclusive. Devo ammettere di essere molto pigro, quindi con le storie seriali lunghe ho difficoltà, Berserk mi è piaciuto molto ma per il resto preferisco fumetti, anche corposi, ma autoconclusivi.

Hai un sogno nel cassetto?

Ho tanti sogni nel cassetto, alcuni messi in pausa, l’anno scorso infatti avevo iniziato a suonare la batteria ma adesso è un progetto in sospeso. Ho tanti sogni non analoghi al disegno, ad esempio vorrei  imparare a ballare. Di mio, lavorando in casa, già ballo, ma vorrei farlo in modo più sensato.

Fumetto o teatro, cosa preferisci fare?

La risposta, per forza di cose, è teatro. Il teatro è sicuramente più coinvolgente, più emozionante, anche più pericoloso —l’ansietta prima dello spettacolo…Mi piace anche perché è circoscritto in un tempo determinato: disegnare per altre persone, fare live painting, quindi, allestire la scenografia live con i disegni, è una cosa da fare in un’ora. Poi hai di fronte un pubblico, quindi hai quell’ansietta prima di farlo, poi mentre lo fai sei al picco della tensione, ma quando finisce tutto è una botta di adrenalina importante. Mi piace molto come dimensione, mi piacciono molto i teatri, questi piccoli teatrini all’italiana con quattrocento/seicento posti, sono splendidi, e non dico che è più facile di disegnare un fumetto ma sicuramente lo fai in meno tempo. Cioè, fare un fumetto è un lavoro lunghissimo, faticoso, che dura almeno un anno se non due. Fare teatro invece è più frizzante, diciamo così.

Com’è stato collaborare con Michela Murgia?

È stato particolarmente bello perché in quattro anni che abbiamo collaborato si è creato un legame molto stresso. Inizialmente c’era la tensione per essere di fronte a un mostro sacro, una tensione da tour in cui si va, si viaggia in macchina, poi si prende la birretta, poi si prende la focaccina, ma durante i lunghi momenti di attesa e di noia, in cui si chiacchiera, la parte pesante, del “lavoro” era subito diventata amicizia. Alla fine c’era una tale leggerezza da dire “OK, ci si rivede amica mia, ci ribecchiamo in un luogo x d’Italia e continuiamo le chiacchiere”. È stata una persona che mi ha lasciato tantissimo a livello umano, una vera amica. È stato bello lavorare con lei.

Commenti