Dario Fo ai ragazzi di Zai.net. C’è ancora qualcosa da contestare
Con la cultura si mangia, eccome!
Il premio Nobel italiano è sempre in prima linea per difendere l’arte e il teatro contro ogni tipo di censura
Serena Mosso, 20 anni | 5 dicembre 2011
«Recentemente io e mia moglie Franca Rame abbiamo incontrato gli occupanti del Teatro Valle, a Roma. È stato importante, abbiamo avuto la possibilità di stendere un programma e un’organizzazione dei loro gruppi di lavoro, che finora andavano troppo all’impronta. Bisogna essere improvvisatori sulle scene, ma non nel modo di concepire ciò che si vuole fare: mettersi in associazione, essere attenti a quel che accade intorno, conoscere i gruppi che si muovono già autonomamente, la loro storia, compresa quella che abbiamo avuto noi, che abbiamo raccontato i nostri errori o come abbiamo raccolto tante adesioni e siamo riusciti ad aprirci verso un pubblico totalmente nuovo».
Il teatro è vivo, viva il teatro!
«Bisogna diffidare di chi dice che il teatro “è in crisi” o che “è morto”. È sempre stato in crisi ed è sempre stato morto. Quando noi abbiamo iniziato, le compagnie si sfasciavano perché era finita la guerra e loro non avevano più mercato. La gente non voleva più ascoltare testi che ricordavano un periodo triste della loro vita appena concluso, perché era repertorio fascista, anche se non parlava di fascismo. Veniva esposto in modo asettico, non complementare alla storia reale del nostro paese. C’era bisogno di nuovi modi di pensare il teatro. Il teatro politico si può fare anche oggi, anzi. Si può contestare il modo di concepire la vita sociale, i disastri, l’economia attuale dalla logica anarcoide, la mancanza di coerenza e lealtà. Ce n’è di materiale per portare sul palco la denuncia, esattamente come abbiamo fatto noi nel passato. La cosa straordinaria del nostro lavoro - ce ne siamo resi conto dopo - era che facevamo informazione, colmando un’esigenza del pubblico che veniva a sentirci. Per questo noi eravamo invisi, talmente tanto che appena potevano mettevano le bombe nei nostri teatri. Ci aggredivano o ci facevano aggredire da gruppi fascisti coperti da una parte della polizia deviata».
Il valore dell'arte
«Qualche mese fa qualcuno ha detto che con la cultura non si mangia. È una stupida dichiarazione, in quanto la cultura dà un forte incentivo alla ricchezza. In Italia abbiamo dei musei che ci vengono guardati con invidia dagli altri popoli, ricchi di opere collezionate in passato dai nostri predecessori che avevano una concezione della cultura e dell’arte molto più forte della nostra. Nel ‘400-’500 i mercanti italiani preferivano farsi pagare in opere d’arte, piuttosto che in denaro. Qui sta la grande differenza tra i detentori del potere nel Medioevo e i nostri ricchi, che trattano l’arte solo per far collezione e come risorsa in denaro, non per un discorso culturale».
Il teatro è vivo, viva il teatro!
«Bisogna diffidare di chi dice che il teatro “è in crisi” o che “è morto”. È sempre stato in crisi ed è sempre stato morto. Quando noi abbiamo iniziato, le compagnie si sfasciavano perché era finita la guerra e loro non avevano più mercato. La gente non voleva più ascoltare testi che ricordavano un periodo triste della loro vita appena concluso, perché era repertorio fascista, anche se non parlava di fascismo. Veniva esposto in modo asettico, non complementare alla storia reale del nostro paese. C’era bisogno di nuovi modi di pensare il teatro. Il teatro politico si può fare anche oggi, anzi. Si può contestare il modo di concepire la vita sociale, i disastri, l’economia attuale dalla logica anarcoide, la mancanza di coerenza e lealtà. Ce n’è di materiale per portare sul palco la denuncia, esattamente come abbiamo fatto noi nel passato. La cosa straordinaria del nostro lavoro - ce ne siamo resi conto dopo - era che facevamo informazione, colmando un’esigenza del pubblico che veniva a sentirci. Per questo noi eravamo invisi, talmente tanto che appena potevano mettevano le bombe nei nostri teatri. Ci aggredivano o ci facevano aggredire da gruppi fascisti coperti da una parte della polizia deviata».
Il valore dell'arte
«Qualche mese fa qualcuno ha detto che con la cultura non si mangia. È una stupida dichiarazione, in quanto la cultura dà un forte incentivo alla ricchezza. In Italia abbiamo dei musei che ci vengono guardati con invidia dagli altri popoli, ricchi di opere collezionate in passato dai nostri predecessori che avevano una concezione della cultura e dell’arte molto più forte della nostra. Nel ‘400-’500 i mercanti italiani preferivano farsi pagare in opere d’arte, piuttosto che in denaro. Qui sta la grande differenza tra i detentori del potere nel Medioevo e i nostri ricchi, che trattano l’arte solo per far collezione e come risorsa in denaro, non per un discorso culturale».
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