Le scuole sono chiuse da giovedì 5 marzo; faccio didattica a distanza in video-conferenza da lunedì 9, secondo il mio orario di servizio. Lo smart working ha una sua filosofia e richiede modalità che non si improvvisano e mal si attagliano, secondo me, alla natura dell’insegnamento, che è presenza fisica, sapere incarnato. In questo tempo emergenziale, però, in cui sono saltati tutti i parametri e i perimetri di senso, la didattica online è il solo strumento che abbiamo e che stiamo usando per rimanere accanto ai ragazzi, dare loro il senso di una continuità anche nella distanza e anzi dalla distanza resa più significativa. C’è il dettato costituzionale del diritto all’istruzione da onorare, c’è il compito sociale e formativo del fare scuola e del fare comunità senza interrompere il percorso di crescita e di apprendimento dei nostri giovani.
Facciamo lezione dandoci appuntamenti a cui tutti si presentano puntuali, e al di là dello schermo vedo capelli arruffati, vestaglie di Snoopy, sedie usate come armadi su cui riposano felpe e jeans presumibilmente sporchi, chitarre e cuffie da speakers radiofonici, fratelli in pigiama che guardano torvi il PC perché sguardi indiscreti violano l’intimità delle “case degli altri”. Intorno alle 13, in quinta ora, le acque della pasta bollono in tutte le cucine, i sughi sono in preparazione; leggiamo il racconto della peste di Atene di Tucidide, condividiamo i sentimenti di questo tempo, le novità dei nostri giorni sospesi.
Non stiamo perdendo neppure un attimo: il terrore dei genitori occidentali è scampato.
È anzi un tempo fertile, in cui gli studenti del Paese stanno imparando lezioni che non dimenticheranno mai; la prima è di scoprirsi capaci di affrontare difficoltà enormi e impreviste rinunciando alla libertà dei movimenti e alle relazioni affettive in nome di un bene comune, quella salute che non è più solo il nome di un ministero ma interesse collettivo da salvaguardare. Stanno ridando valore alle cose e alle persone che avevano in casa, e magari non avevano mai realmente guardato - libri, film, cani, fiori, fratelli e nonni. Più importante ancora, stanno comprendendo il significato dell’attesa – Roland Barthes dice che essa è la figura dell’Amore – e della speranza; e stanno constatando, soprattutto, che rinunciare è etico e politico, e che quello che leggono nei libri, nelle poesie, nei testi delle loro canzoni è vero: l’umanità è una rete, al di là dei confini geografici e di tutti i porti del mondo.
Tutte queste cose le so perché ho chiesto loro di scrivere: ecco le loro parole, i loro pensieri, le loro storie.
M., 14 anni
Stiamo facendo i conti con un virus dal nome apparentemente positivo - “corona” - ma dagli effetti devastanti. Allora io preferisco usare il suo nome scientifico, Covid-19, che mi sembra rappresenti meglio la sua negatività.
M., 14 anni
La felicità in un primo momento c’è stata. Penso sia normale che una ragazza di 14 anni sia contenta per la chiusura della scuola. Ma adesso cosa sta accadendo? È una domanda a cui non so rispondere. Ed è questo quello che mi spaventa di più.
L., 14 anni
In ogni caso, sebbene talvolta altre sensazioni si sostituiscano al timore, sono comunque consapevole della necessità di seguire le misure indicate. Quello che gli esperti ci hanno detto di fare è, a mio parere, la cosa più giusta. A noi infatti è stato chiesto soltanto di stare a casa e di seguire semplici misure, ma c’è chi fa molto di più.
A., 15 anni
Le giornate alla fine passano, più o meno velocemente, e cerco di non sentirmi mai come se avessi sprecato un giorno a non fare niente. Sono fiduciosa e credo che, se faremo tutti quello che ci è stato chiesto, tra non molto la situazione si calmerà e tutti ne usciremo migliorati, soprattutto sotto l’aspetto della solidarietà e dell’altruismo. Vivremo le nostre giornate con maggiore attenzione e cura verso ciò che abbiamo riscoperto, che non vogliamo perdere e rovinare: le relazioni umane, l’ambiente e anche lo studio.
M., 14 anni
L’affermazione fatta inizialmente dal primo ministro britannico è agghiacciante. Essa infatti sottintende che moriranno molti anziani, come se le loro vite fossero meno importanti rispetto a quelle dei giovani. Approvo invece la politica del mio paese, che fa di tutto per evitare l’aumento dei contagi e dei morti. Anzi sono orgogliosa di appartenere ad un popolo che mette davanti la salute di tutti all’economia. A noi in fondo è stato chiesto solo di rimanere a casa. Penso ai miei nonni, che verrebbero sacrificati senza troppi sensi di colpa dai fautori della così detta “immunità di gregge”, penso che sono soli ed indifesi e che una grande civiltà come la nostra dovrebbe proteggerli in tutti i modi.
A., 14 anni
Ho cominciato ad apprezzare ancora più la presenza di Internet, normalmente vista come qualcosa di negativo. La rete mi ha infatti consentito, e mi sta tuttora consentendo, di restare in contatto, tramite videochiamate e messaggi, con i miei amici e di proseguire inoltre la scuola, che avrei altrimenti dovuto interrompere per più di un mese.
A., 15 anni
Non avrei mai pensato che avrei sentito la mancanza della sveglia alle sei, o del freddo che ti strappa le lacrime la mattina presto davanti al portone di scuola, o dell’autobus nell’ora di punta. Mi mancano le quattro ripide rampe di scale del liceo fatte di corsa per entrare in tempo, mi mancano i professori, i miei compagni, i miei amici. È vero, passo tutto il giorno con loro in videochiamata, ma purtroppo una videochiamata non sostituisce un abbraccio. E mi rendo conto solo adesso di quante cose ho dato per scontate e di quante cose ho erroneamente pensato che mi spettassero di diritto.
A., 15 anni
Ho decisamente molto più tempo libero, che cerco di impiegare al meglio, leggendo, imparando a fare cose nuove, come l’uncinetto in videochiamata con nonna, o riprendendo in mano il flauto traverso, che non suonavo più da anni. Sto tenendo un diario, cronache giornaliere della vita in quarantena, in un periodo singolare come questo. Ogni giorno faccio sentire la mia voce, cantando e ballando durante il flashmob delle diciotto, quando tutti gli Italiani sono uniti come non sono mai stati da che io ho memoria. È il momento della giornata che preferisco.
A., 15 anni
Qualche volta penso che, se un giorno ci sarà la guerra, almeno avremo già provato la sensazione di stare chiusi dentro casa per giorni, e conosciuto l’importanza di avere una scorta di cibo, di fare attenzione a non sprecare le cose perché non è facile riandarle a comprare. Questo virus, però, è come se ci avesse imposto una pausa dalla vita frenetica di tutti i giorni, per farci pensare, per farci rendere conto di tutto quello che abbiamo e che non vediamo mai.(…) Ringrazio quei professori il cui primo pensiero dopo la chiusura della scuola siamo stati noi, non solo perché ci danno la possibilità di non rimanere indietro col programma, ma soprattutto perché non ci hanno lasciato in balia della confusione, dandoci come conferma la loro presenza e il ritmo necessario.
A., 15 anni
Sto cercando il più possibile di vivere questa quarantena come una “pausa”, in tranquillità, anche se non è facile a causa delle tragiche notizie che si sentono ogni giorno. Pur stando ferma a casa continuo, più o meno, a vivere la mia quotidianità: continuo ad andare a scuola attraverso le videolezioni con i professori che si occupano di noi e ci fanno andare avanti nonostante tutte le difficoltà; continuo ad andare alla mia palestra di arrampicata, grazie ai miei istruttori che ogni giorno organizzano un piano di riscaldamento fisico per farci muovere un po’; continuo persino ad andare a lezione di pianoforte e di teatro, perché mi danno cose nuove su cui lavorare.
L., 15 anni
Nonostante la tragicità delle circostanze, inizio a credere che tutto ciò, questa quarantena, il dover rimanere chiusi in casa, possa avere anche aspetti istruttivi. Sto capendo il valore del tempo, il valore della libertà di passeggiare in una città come la nostra. Ho capito quanto sia importante, in una famiglia numerosa, collaborare. Ho scoperto di avere una nuova amica: si chiama Jane Austin, e ogni volta mi perdo un po’ di più tra le sue parole, che come una danza si uniscono fino a creare i magnifici romanzi che come un vortice mi prendono e mi portano via.
M., 15 anni
Penso che tutto questo sia una sorta di mezzo per prendersi del tempo e riflettere su di chi sia la colpa. Più che una sconfitta, vedo un’occasione di vincere, che però necessita di un grande sacrificio da parte di tutti. La scuola in questo ci è stata e ci è molto vicina tramite le lezioni virtuali, che trovo molto pesanti, ma anche molto utili e più educative per noi ragazzi, che abbiamo l’obbligo di dare il nostro contributo e tutto il nostro impegno.
N., 15 anni
Che poi non ci sono solo svantaggi a stare chiuso in casa, infatti non è difficile trovare cose da fare. Si può leggere un buon libro o vedere un bel film, si possono imparare tante nuove cose, tanto il tempo non manca, ci si può allenare in casa e tante altre cose.
R., 15 anni
Una cosa che mi ha particolarmente colpito in questi giorni sono stati i flashmob organizzati di balcone in balcone. Mentre la gente canta, riesco a percepire un forte senso della comunità. Grazie a questa strana e surreale esperienza di quarantena, sento che sto crescendo: le lezioni online, ad esempio, mi hanno in un certo senso reso più responsabile nonostante all’inizio questo cambiamento drastico nella quotidianità mi affaticasse molto.
S., 15 anni
Dobbiamo resistere, lo dobbiamo a noi stessi, agli altri e alla nostra Nazione. Mi si riempie il cuore quando alle sei in punto mi sporgo dalla finestra e ascolto commossa il nostro inno che echeggia in tutta Italia. Provo un senso di conforto grazie alle video-lezioni con i miei professori e i miei compagni. Il senso di solitudine si dissolve e il tempo passa più velocemente. La scuola mi consente di scandire la mia giornata e di programmarla.
S., 15 anni
Vedo intorno a me molto impegno, nonostante lo sforzo necessario per cambiare drasticamente le proprie abitudini. Mi prendo più cura della mia famiglia e cerco costantemente di crescere come persona: sto approfondendo le mie conoscenze sulla filosofia e in genere leggo molti più libri di quanto non facessi. Ho indubbiamente più momenti da dedicare alla mia crescita, ma allo stesso tempo non posso dire di essere tranquilla: ci sono molte preoccupazioni e non solo sui rischi medici che porta il virus in sé. Mi preoccupano gli episodi di razzismo.
L., 15 anni
Da quel mercoledì pomeriggio, il 4 marzo, è iniziata una nuova esperienza da vivere con coraggio e responsabilità. Non nascondo che quella sera ho avuto molta paura, non dimenticherò i volti dei miei genitori, la preoccupazione nei loro occhi alla vista di un futuro ancora incerto. Eppure il giorno seguente ho trovato nelle parole di alcuni professori speranza e sicurezza; con l’impegno di tutti siamo stati in grado di trasformare questa situazione in un’occasione per crescere e maturare, ed è così che ormai ogni giorno sfruttiamo i progressi della tecnologia per svolgere lezioni virtuali attraverso piattaforme multimediali. In questi giorni mi sto anche prendendo dei momenti per riflettere, e ritrovare l’autoconsapevolezza delle mie emozioni e delle mie debolezze, per trasformare quelle fragilità in punti di forza. Mi manca poter uscire senza paura, sentirmi libera di stare in luoghi pubblici senza allontanarmi da ogni persona che passa, ma so che ora restare a casa è la cosa giusta: con la collaborazione di tutti possiamo uscire da questa situazione a testa alta, ricominciare le attività didattiche e sorridere di nuovo con la consapevolezza di avercela fatta.
A., 15 anni
Tutto quello che ci serve è la speranza! Tra meno di una settimana compirò quindici anni e l’idea di passare la giornata chiusa in casa senza vedere le persone che amo di più mi rattrista molto, soprattutto in un giorno nel quale la tristezza dovrebbe essere l’ultimo sentimento da provare, giusto?
A., 14 anni
Vorrei chiudere quest’esperienza di riflessioni con le parole di un poeta turco, Nazim Hikmet, che della libertà ha fatto l’unico insegnamento da trasmettere al figlio.
“Non vivere su questa terra come un inquilino, o come un villeggiante stagionale. Vivi in questo mondo come se fosse la casa di tuo padre. Credi al grano, alla terra, al mare, ma prima di tutto ama l’uomo. Ama la nuvola, il libro la macchina, ma prima di tutto l’uomo.
Senti in fondo al tuo cuore il dolore del ramo che secca, del pianeta che si spegne, della bestia ferita, ma prima di tutto il dolore dell’uomo. Godi di tutti i beni terrestri, del sole, della pioggia e della neve, dell’inverno e dell’estate, del buio e della luce, ma prima di tutto godi dell’uomo.”
S., 15 anni
Avendo avuto tempo e modo di pensare, sono arrivata a diverse conclusioni:
1. Nella vita non bisogna dare nulla per scontato. In giorni come questi ci basterebbero anche 10 minuti da passare con i nostri amici soltanto per avere un contatto visivo e fisico con qualcuno. Spero che ci ameremo tutti un po’ di più.
2. Possiamo sfruttare questi giorni per scoprirci, per prenderci cura di noi ascoltando tanta musica e facendo tante docce. In momenti come questi possiamo capire cosa ci piace fare, riguardare i nostri film preferiti e farci due pianti.
3. Ogni cosa ha un valore, e adesso che abbiamo più tempo forse possiamo scoprirlo.
4. Scrivere ci fa bene in qualsiasi momento.
5. È giunto il tempo di dimenticare chi ci ha fatto soffrire.