Dei quattro personaggi principali di Divorare il cielo - Teresa, Nicola, Tommaso e Bern – qual è il suo preferito e perché?
È sempre difficile fare preferenze tra i figli. Il libro parla un po’ di questo, delle preferenze invisibili che i genitori hanno rispetto ai figli e di come queste hanno delle strane conseguenze nelle vite dei ragazzi. Per un autore penso sia lo stesso: in questa lunga frequentazione che hai con i personaggi del romanzo, che evolvono insieme a te mentre scrivi, devi dare grandi dosi di affetto a ognuno. È chiaro che ogni personaggio, proprio come i figli, rispecchia una parte di te. Ci sono parti che ti fa più piacere vedere e altre meno. Forse, tra i personaggi, quello che è più diverso da me esteriormente e per il quale forse, proprio per questo, ho provato più pietà e affetto è il personaggio di Nicola, molto controverso.
Anche in La solitudine dei numeri primi, suo best seller di qualche anno fa, ha dato grande risalto al mondo dei giovani. Possiamo quindi dedurre un interesse verso una delle tappe più critiche ma anche affascinati della vita di un uomo?
Mi piace la giovinezza, mi piace l’adolescenza. Anzi, andando avanti mi rendo conto di come cambia nella mia testa l’immagine di quell’età di cui forse, quando ero ancora molto vicino, ne vedevo più gli aspetti terribili, quelli di difficoltà. È un’età di guerra. Andando avanti, sento sempre più la mancanza di quell’energia speciale che c’è in quegli anni. Credo che il fatto di continuarne a scrivere sia un modo per riavvicinarmi a quel tipo di energia.
La solitudine dei numeri primi è diventato un film molto acclamato dal pubblico. Qualche regista le ha proposto di far diventare anche Divorare il cielo una pellicola?
In realtà c’è stato un certo interesse per il libro da parte del mondo cinema. Al momento non c’è nulla di avviato se non tante chiacchiere, ma i film e tutto quello che c’è sullo schermo nascono dopo tonnellate di chiacchiere, quindi, chi lo sa…
Il sesso e la fede: due nuclei tematici estremamente antitetici. Da dove nasce la scelta di unirli tra loro in Divorare il cielo?
“Estremamente antitetici”, non sono d’accordo! Secondo me, nel romanzo, si racconta proprio un po’ questo, cioè di come il sesso possa essere un momento molto sacro. L’affettività è qualcosa che ci può avvicinare tantissimo al sacro. Il nostro corpo è un vettore molto forte di ciò che è sacro. Questa distinzione severa tra il carnale e lo spirituale, che è parte della nostra cultura di stampo occidentale, ha provocato tanti disastri e in fondo è una cosa che ognuno di noi deve cercare di ricucire dentro di sé. Se penso a dei momenti di grande sacralità della mia vita sono spesso momenti che includono il corpo, ma anche il sesso.
Una frase del libro che possa riassumerne tutto il significato?
Caspita, è difficile da dire! Ce ne ho messe qualche migliaio! C’è un momento in cui Tommaso parla di Bern e dice come ci sia in lui una sofferenza di tipo speciale, cioè la sofferenza di chi ha creduto in qualcosa e poi ha smesso di credere. Ecco, questo forse è il punto, o, quanto meno, uno dei punti di partenza nel libro.
In una società fatta di social e in cui si legge sempre di meno, stando alle statistiche, che cosa possono trovare ancora i giovani nei libri?
Praticamente tutto. Non esiste e non è stato ancora formulato un sostituto vero del libro e, dico di più, del romanzo. Fonti di informazione se ne possono trovare quante se ne vogliono, ma un romanzo eccede l’informazione e, al tempo stesso, eccede l’intrattenimento. È un tipo di percorso molto profondo nella vita di una persona. Questo tipo di viaggio profondo non è disponibile con nessun altro tipo di formato e richiede lo sforzo che i romanzi richiedono per essere letti. Se non siamo più disposti a farlo, posso provare solo molto dispiacere per chi non avrà questa possibilità.
Un consiglio per i giovani che sognano un futuro lavorativo nel mondo dei libri, nelle case editrici o come scrittori.
Pensate a qualcos’altro! (ride ndr) No, scherzo, sarebbe sbagliato e sarebbe falso dirlo! Credo ci sia un doppio lato, come sempre, nei momenti di trasformazione e anche crisi di un settore. È innegabile che quello librario sia un settore in crisi e in trasformazione. Però c’è sempre un doppio lato: da una parte ci si può lasciar prendere da un totale sconforto (e un po’ c’è di sicuro), dall’altra questo concede una grande libertà. Non mi sembra che ci siano percorsi, in questo momento, che garantiscano un futuro roseo. Tanto vale seguire qualcosa che ci appassiona seriamente e se sono i libri andiamo verso un mondo in cui la narrazione sarà sempre più importante. Leggere e scrivere non sono due perdite di tempo, anche dal punto di vista strategico.
È a lavoro per un nuovo libro?
Sono al lavoro senza scrivere, che è una parte sempre molto bella ma angosciosa. È la parte in cui stai focalizzando un’idea. Una parte lenta ma che a me piace molto ed è la più confusionaria di tutte.