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"Da un altro mondo"
Incontriamo Evelina Santangelo, autrice del romanzo “Da un altro mondo”. E ci parla della lettura come antidoto contro il razzismo e le semplificazioni della realtà
Giulia Farfariello, 20 anni | 5 marzo 2020

I personaggi principali sono Khaled, Karolina, Orso e il maresciallo Vitale. Qual è il suo preferito e perché?

Non c’è un personaggio che io ami più degli altri. Certamente Orso è un personaggio che ho dovuto imparare ad amare perché è molto lontano da me come mentalità. In realtà, per me, tutti questi personaggi sono necessari. Mi hanno chiamato in gioco e mi hanno imposto di essere loro, con la loro mentalità e il loro modo di essere. Quindi, sono comunque dei pezzi della mia vita e della mia esperienza, perché stare dietro ai personaggi e alle loro vite significa viverle mentre le scrivi.

 

Secondo lei quale dei personaggi ha subito il maggior mutamento dall’inizio del romanzo alla fine?

Sicuramente Orso, perché parte come rappresentante della comunità che si deve difendere e che sente la salvezza nella chiusura e nell’identificazione in un piccolo gruzzolo di valori. Improvvisamente diventa la figura che si misura con l’imprevedibile, quasi una sfida. Dinnanzi a questa sfida così umana, Orso deve scegliere cosa fare. La sua profonda dimensione umana viene fuori diventando un personaggio che fa una radicale torsione e, alla fine, diventa molto fragile, dipendente da quella “creatura”.

 

Mi ha stupito molto il fatto che lei abbia voluto posticipare la narrazione al 2020, visto che il libro è stato pubblicato due anni fa. 

Ho deciso di posticipare la narrazione perché sentivo che uno degli aspetti fondamentali del nostro tempo era caratterizzato da questa idea di una minaccia di qualcosa che sarebbe potuto accadere.

La minaccia che deve accadere è la minaccia che fa più paura, perché è qualcosa che non si conosce. Noi non abbiamo paura per le cose che ci stanno accadendo, ma per quelle che ci possono accadere. In più, attraverso le mie ricerche nella rete, avevo intuito che c’era un mondo sotterraneo, jihadista ma soprattutto neonazista che sarebbe venuto fuori di lì a poco; non è un caso che io abbia scelto la pianura padana emiliana per ambientare la storia di Orso.

 

La parola razza, spesso citata nel suo romanzo, ci riporta ai fatti di cronaca avvenuti in Piemonte nelle settimane passate e alle scritte antisemite rinvenute sulle porte. Lei crede che la parola razza sia ancora attuale? E che accezione assume ai giorni nostri?

Le parole non sono isolate poiché vivono in un contesto culturale ellenistico. Il problema è come viene usata la parola, in che clima, in che contesto e con quali obiettivi. Dunque, penso che la parola razza diventi un preciso marcatore che vuole evocare un’idea violenta, di superiorità e inferiorità dell’umanità, in radicale contrapposizione al valore fondamentale che è stato compreso all’indomani del mattatoio della I e della II Guerra Mondiale, quando si costituirono degli organismi internazionali in cui si comprese che o i destini dell’umanità venivano ritenuti destini collettivi, o c’era il rischio di incombere in un altro conflitto.

 

Confrontandomi con altri ragazzi, abbiamo definito il suo romanzo “scomodo”, poiché tratta di tematiche assai impegnative, come la violenza e lo sfruttamento. Secondo lei, il suo libro potrebbe essere un antidoto contro l’odio che ci circonda?

Tutti i libri, i film, i fumetti e la musica, cioè tutto quello che affronta un tema specifico, ci porta ad affinare una certa sensibilità, una nostra consapevolezza e umanità. È importante leggere, ma è importante anche il come leggiamo, quindi la capacità di lettura che abbiamo. La lettura di tutto ciò che ci circonda: credo che sia tutto questo un antidoto contro la propaganda o le semplificazioni di un mondo complesso. Bisogna avere anche la capacità di comprendere che cos’è la rete, che può essere usata in modo terribile ma che ha una potenzialità enorme. Non credo che solo il mio libro sia un antidoto, ma credo di essere parte di un discorso collettivo; credo nella pluralità per fare la differenza.

 

Tre parole per definire il suo romanzo.

Un azzardo, un gesto d’amore e una profonda messa in discussione di me.

 

È al lavoro su un nuovo libro?

Sì, ma non sarà un romanzo di questa portata perché c’è bisogno di molto tempo per scriverlo. Non sarà un libro così impegnativo, anche dal punto di vista della scrittura. Però sì, sto lavorando all’idea di un piccolo libro che non sarà un romanzo e che ha a che vedere con il mare.

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