Il 26 febbraio 2021 è stato rilasciato per la prima volta nelle librerie il pamphlet dal titolo “Cambiamo la scuola”, di Chiara Foà (docente di letteratura) e Matteo Saudino (docente di Storia e Filosofia e fondatore del noto canale YouTube “Barbasophia”). Non è la prima loro pubblicazione sul tema scuola, infatti porta il loro nome anche Il prof fannullone. Lo scopo, come vuole la stessa definizione di pamphlet, è quello di muovere una critica in questo caso volta anche a stimolare una riflessione nel lettore. Lo scritto parte da subito con una domanda “A che cosa serve la scuola pubblica?”, la cui risposta si può considerare l’intera stesura del pamphlet, articolata mettendo a confronto due modelli di scuola: la “scuola dell’Hydra”, di cui si parla nella prima parte e la “scuola vitruviana”, di cui si parla invece nella seconda parte.
Ho avuto l’occasione di intervistarli e chiedere qualcosa sul loro pamphlet.
Quanto e come secondo voi ha contribuito ad incrementare la crescita di questo fenomeno l’inadeguatezza delle strutture scolastiche, che da ormai vent’anni assistono ad una sempre crescente diminuzione dei fondi a loro disposizione?
Matteo Saudino: “L’inadeguatezza delle strutture e della didattica hanno fortemente contribuito a incrementare la dispersione scolastica, la scuola per molte ragazze e molti ragazzi, è un luogo distante, lontano, di malessere, di solitudine, in cui non si intravede un futuro e in cui non c’è un perché del frequentare il luogo stesso.Questo senso di abbandono, questo nichilismo che avvolge la scuola, fa in modo che i più deboli si perdano.Serve ripensare la scuola, serve un cambiamento profondo, come proponiamo, con il superamento di un modello, che chiamiamo “scuola dell’Hydra”, una scuola vuota, inutile, che è proprio la scuola in cui si verificano fenomeni del genere di dispersione scolastica. Serve una scuola in cui si ragiona, si sta bene, una scuola laboratoriale, in cui si sta bene insieme, in cui si fanno lavori di gruppo; una scuola in cui non si perde nessuno, si tratta di qualcosa che potrebbe sembrare un’utopia, ma che in realtà è un obiettivo che noi tutti dovremmo porci, la scuola che non lascia dietro nessuno, questa è la vera buona scuola”.
L’alternanza scuola-lavoro (o PCTO), si può considerare una base su cui edificare la “scuola vitruviana” o uno dei tanti aspetti della “scuola dell’Hydra” che devono essere abbattuti?
Chiara Foà: “All’interno del nostro Pamphlet, ripetiamo più volte, come nostro “mantra”, che l’alternanza non ci piace, vorremmo recuperare gli ideali della scuola umanista, fatta non solo per dare cultura, ma soprattutto per far star bene chi la frequenta, in cui si ritrova la bellezza del mondo e la voglia di prenderti cura di te stesso. Ovviamente non siamo contrari al fatto che la scuola possa insegnare a lavorare, ma crediamo che la cultura sia altro, speriamo ancora che la scuola sia un ascensore sociale non nel senso che trova un lavoro migliore, ma nel senso che forma in un modo diverso, fa crescere e fa acquisire senso critico”. Aggiunge Saudino: “Parlando di alternanza scuola-lavoro, bisogna anche considerare il modo in cui è stata costruita, è stata calata dall’alto, senza coinvolgere le scuole e il mondo delle imprese, è stata mal costruita, una forma di lavoro gratuito, di occupazione del tempo. Bisogna mettersi d’accordo: aprirsi al mondo del lavoro tramite conferenze, stage, che si possono fare anche durante il periodo estivo".
A partire dall’articolo 33 della nostra costituzione e alla luce di quanto si è detto sulla “scuola dell’Hydra”, non credete che quanto sancito da questo articolo venga almeno in parte trascurato?
Matteo Saudino: “L’articolo 33 e 34, ci parlano di libero insegnamento, un focus democratico di crescita e inclusione, che la scuola in realtà in parte appassisce. La crisi della formazione è abbastanza planetaria in questo momento, le istituzioni scolastiche, sono abbastanza piegate alla competizione globale e dunque non si mette al centro la crescita e la formazione della persona, ma la crescita e la formazione della persona nel mercato, nell’azienda, nella competizione. Si dovrebbe invece puntare alla crescita della persona nel suo essere libero, creativo. Questa creatività sarà utile in qualunque strada si voglia intraprendere, dal medico allo youtuber, dal podcaster al ballerino; bisogna portare la persona a conoscere sè stessa; se la scuola non è un luogo dove ci si conosce, a cosa serve la scuola?”
Nella “scuola vitruviana”, hanno grande importanza concetti come l’ecologia e la politicità degli insegnanti, concetti di cui alcuni filosofi a noi precedenti avevano individuato l’importanza. Quanta importanza date a quello che Platone avrebbe chiamato “eros” nel fare l’insegnate?
Chiara Foà: “Noi crediamo molto che dentro la classe degli insegnanti si debba riaccendere l’eros, un po di amore, non soltanto per la materia insegnata, ma per la capacità di costruire una comunità, perché crediamo fortemente che se non si crea questa comunità non si avrà mai un apprendimento. In ogni classe, ci sono fisiologicamente dei ragazzi che se la cavano un po' meglio, che andrebbero benissimo senza gli insegnanti, che vanno verso il successo formativo in maniera naturale e spontanea, certamente la sfida più difficile e grossa si trova nei casi in cui ci sono dei ragazzi che devono essere aiutati, io lo so bene perché insegno in una scuola media abbastanza difficile, con un altissimo tasso di dispersione… l’eros può aiutare tantissimo, se c’è ancora quella fiamma negli occhi. Noi nella scuola vitruviana insistiamo tanto appunto nella scuola ecologica, un rapporto forte con il territorio: dal pianeta fino al territorio intorno alla scuola, deve essere una scuola che valorizza tantissimo il singolo, non solo la persona intesa come studente, ma anche come insegnante, un luogo dove stanno bene i ragazzi, gli insegnanti e si insegna a vivere in armonia con la natura. Sempre nella scuola “vitruviana” parliamo di laboratorio, e con laboratorio non intendiamo solamente un luogo fisico dove recarsi a fare esperimenti, un laboratorio un po' come lo pensava Galilei, in cui è lo studente a sperimentare ed è l’attore primario di questo laboratorio".
Come vuole la stessa definizione del termine, il pamphlet, è uno scritto volutamente polemico, con l’intento di suscitare una riflessione su argomenti riguardanti l’attualità: cosa vi aspettate voi dalla vostra proposta di cambiare la scuola?
Matteo Saudino: “La nostra idea è anche di dare una nuova sorta di stati generali della scuola, stati generali che di fatto dal basso comincino a dire “ci sono delle priorità e senza questi paletti non si riesce a cambiare la tendenza”. Bisogna cambiare rotta. Cambiare è possibile, non da soli, e tendenzialmente, la voglia di un’altra scuola, dovrà partire dagli studenti. Un insegnante che ha 55/60 anni, è difficile che voglia cambiare la scuola, tocca a voi studenti chiedere una scuola diversa. Dovete voi confrontarvi e produrre delle idee”.