A cosa servono i papà? A cosa servono gli uomini che vivono nelle altre famiglie? Questo si chiede Amal fin da piccola, perché lei il papà non l’ha mai conosciuto. È stata allevata dalla bisnonna, la nonna e la mamma e nessuna di loro parla degli uomini che le hanno abbandonate. E quando Amal è lasciata dal marito dopo la nascita del figlio, le donne della famiglia le raccontano la loro storia. Un’oscura maledizione le perseguita dai tempi della trisnonna Mazal, fino ad arrivare al figlio di Amal che sembra aver liberato la famiglia dall’antica condanna.
Quattro madri, da oggi riproposto in libreria nell’edizione della Fazi Editore, è un viaggio tra le generazioni che racconta le trasformazioni della Palestina e dello stato di Israele. Una vicenda di padri che non ci sono e madri sole, donne che vorrebbero disperatamente dei figli e spose – quasi – bambine che combattono per non averne (almeno non ancora). La trisnonna Mazal, la bisnonna Sarah, la nonna Pnina Mazal e la madre Gheula si barcamenano tra la necessità di essere forti per meglio crescere le figlie da sole e lo struggersi a causa dell’abbandono e della mancanza d’amore dei loro uomini. Il tutto in una società in trasformazione tra fine ‘800 e prima metà del ‘900 ma sempre maschilista, sessuofobica, ottusa, repressa. La penna di Shifra Horn tratteggia “uomini – bestie” incapaci di razionalità davanti a una donna, capaci solo di demonizzarla e accusarla di facili costumi dinanzi a un suo rifiuto. Una scrittura vicina al reale, non morbida, che descrive puntualmente odori e corpi nella loro caducità.
Tutto inizia al tempo della trisnonna Mazal, sposa a tredici anni e madre a quattordici. È lei la prima donna abbandonata della famiglia, che crescerà la figlia Sarah (bisnonna di Amal) spalleggiata unicamente da un’amica speciale: Gheula, rossa di capelli e tagliente di lingua, che si finge indemoniata per tenere alla larga gli uomini dei dintorni sempre pronti a importunare Mazal e la figlia. Contare solo sulle proprie forze: è questo quello che Mazal impara a fare e che trasmette a Sarah. Sarah dai capelli d’oro, che Amal conosce come la bisnonna un po’ strega e un po’ levatrice, ma che da giovane si dice avesse ricevuto tutta la bellezza che le spettava dalle reincarnazioni passate e future. I ragazzi ne sono a tal punto ossessionati da appostarsi sotto casa sua di notte per rubarle i vestiti e annusarli. Cose – queste e altre – che oggi non si esiterebbe ad additare come stalking o peggio ma che in Quattro madri sono raccontate come vicissitudini normali, con l’indulgente distacco delle polverose favole d’altri tempi. Pnina Mazal, nonna di Amal, nasce prematura e Sarah combatte con tutte le sue forze per farla sopravvivere in un pentolino. Pnina Mazal possiede dalla nascita il dono di comunicare col silenzio e comprendere qualsiasi lingua e qualsiasi cuore. Neanche il suo matrimonio è dei più lieti: sposa uno studioso di testi ebraici che mal sopporta di avere una moglie lavoratrice e che snobba le sue interpretazioni argute dei testi, salvo poi meditare di spacciarle per sue (e non è neanche il peggiore dei mariti di questa storia).
La cometa di Halley, che sfreccia su Gerusalemme poco dopo il suo matrimonio, annuncia lo scoppio della prima guerra mondiale e tutti i suoi orrori di povertà e privazione. Gheula, madre di Amal, nasce quasi alla fine del conflitto con i capelli rossi e due dentini. Attivista fiera e combattiva, avvocato difensore degli arabi e dei diseredati di Palestina, custodisce strenuamente il segreto della nascita di Amal che sarà – forse, in parte – svelato alla fine del romanzo.
Vagando per i corridoi dei ricordi, passando davanti a porte mai aperte e vite che potevano essere e non saranno mai, Amal viaggia nel suo sé più profondo e nel passato tra segreti, dolori e fotografie d’effimere gioie. Perché qualche gioia d’amore, in rapidi sprazzi crepuscolari, c’è stata. L’amore di un uomo, uno solo, attraversa l’oceano e la guerra per ritrovare sempre i capelli d’oro di Sarah, nonostante le ostilità e le separazioni, immortalandola per sempre come “la donna più bella del mondo.”
Ti piacerà questo libro se: apprezzi le saghe familiari e, dopo Buddenbrook e Cazalet, stai cercando una versione più drammatica e fiabesca.
In tre parole per me: notturno, aromatico, struggente.
Personaggio minore preferito: Fatma, dolcissima balia che si prende cura dei bambini del circondario senza fare differenza tra arabi e ebrei. Affettuosissima e florida, rotonda e giunonica, una moderna Donna Aiuola che mette allegria.
Frasi e citazioni da Quattro madri:
“Questa è la fotografia del mio futuro”
“Per me sarai sempre com’eri, e ti ricorderò sempre così”